Scontro Italia-Francia, ovvero quando le nazioni si “barcamenano” e si nascondono machiavellicamente dietro accordi e invettive reciproche, dimenticando la dimensione più importante, quella dell’essere.
Abbiamo forse già dimenticato che pochi mesi fa è morta a Torino la donna respinta dai francesi di frontiera di Bardonecchia nonostante fosse incinta di sei mesi e malata per un brutto fibroma?
Era febbraio di quest’anno, lei viveva a Napoli con il marito ma voleva raggiungere la sorella in Francia, un po’ come Maria con la cugina Elisabetta.
I medici dell’Ospedale Sant’Anna hanno dovuto decidere cosa fare per il meglio di entrambi, madre e figlio, ma lei ormai era senza speranza. È morta poco dopo aver dato alla luce il suo Israel; il dottor Paolo Narcisi, ai microfoni del TG3 senza mezzi termini, denunciò il comportamento disumano, privo di un minimo di buon senso da parte dei francesi che respingono i migranti e poi criminalizzano chi li soccorre, accusandoli di complicità all’immigrazione illegale…
A Mentone oggi i migranti vengono gestiti in “condizioni indegne e irrispettose dei loro diritti ”; è la denuncia del Controllore generale dei luoghi di privazione della libertà (Cglpl), autorità indipendente francese.
Negli ultimi tre anni la Francia ha condotto ben 35 operazioni di sgombro di campi migranti a Parigi.
La Francia è forse una nazione da imitare nel respingimento dei migranti? Quanta “paura” nascondono simili comportamenti difensivi alle frontiere?
L’Italia, a cui in passato è stato riconosciuto il merito di aver saputo accogliere per anni i barconi della speranza, dovrebbe ancora primeggiare nella difesa dei più deboli e dei più poveri per dare innanzitutto un esempio di vera umanità e poi per riaffermare che i diritti umani rappresentano un dovere civile e che pertanto vengono prima degli interessi economici e delle convenienze politiche.
Anche i Centri di Aiuto alla Vita e dei Movimenti per la Vita hanno fatto la loro parte negli ultimi 40 anni accogliendo e aiutando tante donne in difficoltà, moltissime di loro straniere.
Ma cosa spinge un volontario o una volontaria a rispondere immediatamente alla mano che gli viene tesa? Perché lo fa?
Di certo per il dovere di essere uomini e donne veri, cioè forti di quella umanità che realizza la persona attraverso il bene, donato gratuitamente ad uno sconosciuto. I volontari, quasi tutte donne che aiutano altre donne, hanno un cuore grande e generoso che sa rispondere sempre con un sorriso e nella concretezza dei bisogni, con lealtà e senso di protezione e di difesa per gli ultimi, a cominciare dal più povero dei poveri: il bimbo non ancora nato, di qualunque nazionalità sia.
Susanna Primavera