Dalla ricerca di Dio alla felicità

Abbiamo atteso il Natale anche quest’anno, ognuno a modo suo, con più o meno silenzio interiore. Per me, la differenza l’ha fatta un libro speciale, una sorta di guida alla spiritualità, intitolato “La solitudine spezzata” di Erik Varden, l’abate norvegese di 45 anni alla guida del monastero inglese di Mount Saint Bernard. E’ una lettura che rompe con alcuni luoghi comuni nel modo di pensare dei cattolici e apre i loro orizzonti. Le parole di Varden, ateo da giovane e che della religione coglieva solo l’aspetto formale, si rivolgono in realtà a tutti, credenti e non credenti per fare Luce sulla vera spiritualità con parole profonde e convincenti, che aprono al senso della vita, alla sua pienezza e felicità.

Attraverso la musica di Mahler la presenza di Dio

La musica è sempre stata importante per lui fin dall’adolescenza e fu proprio ascoltando la 2 Sinfonia di Gustav Mahler che nella sua anima qualcosa s’insinuò, come una certezza della realtà di Dio: «Attraverso la musica di Mahler, Dio mi ha ferito e mi ha ispirato un grande desiderio di conoscerlo e la mia vita è diventata un tentativo di rispondere a questa grazia primaria». Avevo già sentito di un’importanza speciale della musica per l’elevazione dell’animo umano nel libro “I tiepidi vanno all’inferno” di Michel-Marie Zanotti-Sorkine, parroco a Marsiglia che prima di diventare sacerdote è stato cantante-compositore nei cabaret di Parigi: “Gli occhi fissi su Cristo che batte il tempo e ti spinge a dare il meglio, suona il tuo spartito, quello che Dio Padre ha messo sul tuo leggio il giorno della tua nascita. Sii te stesso! Prega. Ama.”

Ricorda che sei “polvere”

Si potrebbe dire che la conversione inizia da qui, dalla parola “polvere”; Varden ci dice che il monito “Ricordati che sei polvere” non è una predica senza importanza ma che si tratta dell’affermazione di una verità ontologica che invita all’umiltà e che ha le sue radici al centro del proprio essereFare propria l’idea che sono polvere significa osare. Ammettendolo, mi riconcilio con la mia povertà, decido di restare in essa. Accetto il fatto che, pur con tutta la mi brama di vivere, io morirò; sono una polvere che ha nostalgia di gloria. Imparo a permettere alla gloria, per grazia, di reclamare per sé il mio essere fin d’ora, a renderlo capace di risuonare della musica dell’eternità e a guardare l’eternità come la mia casa.

Ognuno con la sua storia di liberazione

Nella vita e nella letteratura Varden ci ricorda che: non mancano esempi di persone che hanno avuto successo nel mondo e alle quali piace ricordare come i loro inizi poco promettenti abbiano messo in moto la loro laboriosità, intelligenza e fortuna… proprio io che oggi posso aver raggiunto una certa libertà – non sono sempre stato libero. Solamente ricordando ciò che ero posso riconoscere ciò che, attraverso la grazia, sono diventato… Il punto è di rivivere il nostro riscatto per mantenere vivo il ringraziamento e, soprattutto, per imparare a chi dovremmo rivolgerlo. Qui, veniamo anche sfidati ad ammettere da dove veniamo: non più la nostra origine dalla polvere, che è un dono di Dio, ma l’origine che la nostra vita ha acquisito attraverso le nostre scelte, giuste e sbagliate, e attraverso una casualità solo apparente. I nostri anni in terre deserte rivelano il loro significato di redenzione…L’azione di Dio non è magia. <le nostre ferite restano, ma proprio mentre vengono sanate vengono rese gloriose, come quelle di Cristo il mattino di Pasqua… la meraviglia di ciò che siamo diventati!

L’opzione di Dio

Con calma, Varden ci porta nel centro dell’anima: Impara che davanti a Dio il merito è nulla, che ciò che conta è comprendere la propria necessità di misericordia e riceverla con gratitudine… La conversione deve essere costruita in termini di desideri, non di reazioni. E’ come una scelta per ciò che è buono, non contro ciò che è ritenuto essere cattivo o pericoloso, è un compito permanente. L’ago della bussola  dell’anima deve sempre essere riallineato verso la stella polare… Il successo apparente non deve mai sedurci, portandoci a pensare che siamo fuori dalla portata della tentazione…

Perdonare fino a sette volte

“Fate questo in memoria di me”, quando Cristo enunciò il comandamento di perdonare fino a sette volte – un numero che nel Vangelo secondo Matteo (18, 22) è elevato al quadrato e moltiplicato per dieci – non solo stabilì un chiaro standard morale, ma annullò in questo modo una maledizione che era pesata sull’umanità fin dall’inizio dei tempi. In Genesi il racconto di un’esplosione di violenza che inizia con il fratricidio di Caino e finisce con alcune terrificanti strofe narrate da Lamec cinque generazioni più tardi… Oggi più che mai la vediamo in azione. Questo è il mondo in cui viviamo. E’ il mondo che Dio è venuto a salvare. Gesù sapeva, non si faceva illusioni… La notte in cui fu tradito, anticipò gli eventi che lo avrebbero portato alla morte.

Il corpo e il sangue di Cristo

Hostia dal latino sacrificio, è “il mistero della fede”, il mistero che permette la moltiplicazione della grazia. Ci pone davanti a un nuovo modo di essere umani: alla maniera di Cristo, che ci viene raccontata perché possiamo farla nostra. Ogni volta che il pane e il vino vengono consacrati, la legge di Cristo viene invocata: “Fate questo in memoria di me” Lc 22, 19) … Prendere il nostro posto all’interno del crogiolo in cui la morte viene trasformata in vita, equivale ad affermare la nostra partecipazione alla nuova ed eterna alleanza che essa chiede a noi. Equivale a dire: “Sì, anch’io desidero vivere e morire a queste condizioni!… Gesù dice: “Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a Voi” (Gv. 13,15). A essere in gioco non c’è solo la ripetizione di un rituale. E’ la totalità della vita e della morte che ci viene posta davanti come esempio, e ci viene detto: “Andate e fate lo stesso“.

Quando riproponiamo la memoria della nascita di Gesù nel Presepe, andiamo al cuore della fede… Concludiamo perciò con le parole del monaco cistercense: L’accento sulla forte presenza attiva di Cristo oggi richiede una risposta attuale. Dobbiamo vivere in modo differente adesso

Susanna Primavera