Tutti si ricorderanno dell’assassinio di Giulia Tramontano ad opera del fidanzato Alessandro Impagnatiello. La giovane era incinta del settimo mese. Dunque si è trattato di duplice omicidio. Questo brutale assassinio ha scosso giustamente le coscienze di molti. Tra questi anche i consiglieri regionali lombardi della Lega che hanno visto approvare dal Consiglio una mozione da loro proposta che intende «promuovere nelle opportune sedi del Governo, la richiesta di un intervento normativo, affinché venga riconosciuto il duplice omicidio, quando la vittima di un delitto è una donna in stato di gravidanza, ossia dopo il terzo mese».
I commi 2 e 3 dell’art. 572 del Codice Penale prevedono che, in alcuni casi, se la vittima è incinta si debbano applicare pene più severe. L’intento della Lega è quello di far varare una norma che invece qualifichi l’uccisione del bambino in grembo non come semplice aggravante, bensì come reato di omicidio a sé stante.
Meritoria allora l’intenzione della Lega che vuole riconoscere piena soggettività giuridica al nascituro tanto da essere tutelato anche penalmente, meno meritoria la “dimenticanza”, nella mozione, di tutti gli altri bambini che non sono ancora arrivati al terzo mese di gestazione. Pare quindi che debbano godere di tutela giuridica penale solo i bambini un poco più sviluppati e non quelli età gestazionale inferiore ai 90 giorni, quasi che solo i più maturi siano persone e non anche quelli più giovani (tra l’altro la gravidanza non inizia al terzo mese, ma al momento del concepimento e questo viene ammesso anche dagli abortisti).
La mozione della Lega torna comunque a smuovere le acque intorno ad un tema da sempre dibattuto:
Il nascituro è un soggetto di diritto? È un qualcuno per lo Stato?
L’ordinamento giuridico su questo punto presenta un quadro antinomico, ossia contraddittorio. Da una parte abbiamo una serie di norme che riconoscono la soggettività giuridica già al nascituro e quindi al concepito (perché anche il concepito è nascituro). Ricordiamo a tal proposito: l’art. 254 cc (possibilità che il figlio naturale sia riconosciuto prima della nascita); l’art. 320 cc (rappresentanza giuridica del nascituro da parte dei genitori); l’art. 687 cc. (revoca delle disposizioni a favore del nascituro); l’art. 462 cc (successione del nascituro); l’art. 784 cc (donazioni in favore del concepito); l’art. 1 della l. 40/2004 il quale qualifica il concepito come soggetto di diritto.
Su altro fronte abbiamo l’art. 1 cc che espressamente riconosce soggettività giuridica solo al nato, non al nascituro. Questi potrà diventare titolare dei diritti a lui spettanti in base alla legge solo al momento della nascita. Per alcuni autori i diritti prima elencati (successione, donazione, etc.) non sarebbero riconosciuti al concepito, ma al concepito solo se nascerà. Quindi non al nascituro, ma al nato. A tale argomentazione occorre così rispondere: non è quello che dicono gli articoli del Codice civile prima indicati che invece riconoscono alcuni diritti in capo al nascituro e non al nato (tra l’altro la possibilità di essere già riconosciuto figlio prima della nascita). E se riconosco anche un solo diritto al nascituro vuol dire che è soggetto di diritto, che ha capacità giuridica. L’art. 1 invece, contraddittoriamente e volendo usare un esempio analogico, vorrebbe affermare quanto segue: se dico che il 14enne ha diritto al voto posto che raggiunga la maggiore età, sto allora dicendo che è il maggiorenne ad avere il diritto al voto e non il 14enne. Invece il Codice civile, in casi particolari, assegna già dei diritti al nascituro, riconoscendogli implicitamente e necessariamente soggettività giuridica, senza che tale titolarità sia sottoposta ad alcuna condizione.
Fatto sta che nella prassi giuridica l’ha avuta vinta sempre l’art. 1 cc e quindi il nascituro non è considerato soggetto di diritto, dunque l’aborto non è un omicidio.
Al fine di superare questa ambiguità giuridica, negli anni e soprattutto di recente sono stati presentati in Parlamento alcuni disegni di legge volti a riconoscere al nascituro piena soggettività giuridica. Ricordiamo a tal proposito i diversi Ddl di Maurizio Gasparri (FI), quello di Massimiliano Romeo (Lega) e quello di Roberto Meina (FdI).
Queste iniziative parlamentari come quella più recente della Lega in Lombardia hanno speranza di successo? La risposta è purtroppo negativa.
Tra le molte motivazioni che potrebbero confortare questa risposta, ricordiamo solo che nel gennaio di quest’anno la Camera approvò un ordine del giorno del M5S che ha impegnato il Governo a guida Meloni a non intaccare, nemmeno indirettamente, la 194.
“La 194 non si tocca!”
“La 194 non si tocca” è uno slogan che ha ripetuto più volte il premier in carica e molti suoi fedelissimi (ad esempio Salvini, Roccella, Malan). Se dunque nemmeno la destra tutela il nascituro, figuriamoci se lo farà un futuro governo di sinistra.
Dunque tutti sforzi inutili? Per nulla. L’importanza di questi disegni di legge o di mozioni come quello della Lega, al netto di alcune lacune nei loro contenuti, si dispiega non sul piano legislativo, ma sul piano culturale.
Ogni volta che si mette a tema la capacità giuridica dell’embrione si scatena il confronto culturale, tra cui il confronto politico. Queste iniziative, seppur destinate a naufragare sugli scogli parlamentari, sono dunque preziosissime per accendere dibattiti utili a ricordare alle persone che nel ventre della madri c’è un qualcuno e non un qualcosa, che la 194 è una legge in radice iniqua, che non dobbiamo rassegnarci a vedere morire decine e decine di migliaia di bambini all’anno, che è importante giocare d’attacco nella difesa della vita nascente e non sempre di rimessa. Solo grazie ad una rivoluzione culturale che toglierà il velo di ignoranza a molte coscienze oppresse dal pensiero unico si riuscirà allora a costruire quelle premesse che permetterannodi riconoscere anche in Parlamento la soggettività giuridica del nascituro. Non stiamo dicendo quindi che i ddl o le mozioni dei consigli regionali tesi a tale scopo siano inutili, ma stiamo dicendo proprio l’opposto: anche l’azione politica genera cultura, anche quando è destinata a fallire nei palazzi dove si varano le norme. L’inefficacia legislativa non significa necessariamente inefficacia culturale.
Tommaso Scandroglio
Docente di Filosofia morale