Lo scorso 15 febbraio, all’interno del programma di eventi programmati per il Mese per la Vita 2025, il Gruppo “Insieme per la Vita” di Varese ha invitato S.E. Mons. Massimo Camisasca ad intervenire sulla figura di San Giovanni Paolo II, a 20 anni dalla sua morte (2 aprile 2005) e nel 30° anniversario della Lettera Enciclica Evangelium Vitae (1995), capolavoro di umanità e riferimento teologico dei Worldwilde Prolife, i Difensori della Vita di tutto il mondo. Segue una sintesi del suo intervento.
Il riferimento a Gesù
L’Evangelium Vitae inizia così: Il vangelo della vita sta al cuore del messaggio di Gesù. Possiamo quindi dire che esso ci riporta ad un unico tema, espressione di Gesù: “Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv. 10,10). E’ un testo positivo, affermativo, non sta sulla difensiva e vuole introdurre la Chiesa di ieri e di oggi all’esperienza centrale di Gesù: Egli ci ha donato la sua vita, togliendoci per sempre la paura della morte.
Siamo tutti chiamati a vivere come lui ha vissuto. Con la sua morte e resurrezione, tutte le nostre fragilità, le divisioni e le difficoltà non sono la parola definitiva. Come Egli attraverso la morte è entrato con il corpo nella dimensione eterna, così sarà anche per noi.
Era il 1978, l’estate dei tre papi
Era il 1978, l’anno del rapimento di Aldo Moro. Quell’estate, tra il 6 agosto e il 14 ottobre, si avvicendano tre papi: Giovan Battista Montini come Paolo VI, Albino Luciani come Giovanni Paolo I e Karol Wojtila come Giovanni Paolo II. In quei mesi, 10 anni dopo il 1968, la società italiana era segnata da molte ombre, conseguenza del terrorismo. La morte di Aldo Moro e l’amarezza di Paolo VI che tanto aveva fatto per salvarlo, portarono un’onda di tristezza anche nella Chiesa.
Proseguire il Concilio Vaticano II?
Che fare? Paolo VI, il Papa della modernità, il primo ad effettuare viaggi intercontinentali, riteneva di dovere proseguire, concludere e applicare il Concilio Vaticano II. Egli portò su di sé la croce dei venti avversi contro il Concilio. Una domanda cruciale si delineava all’orizzonte: La Fede Cristiana ha ancora capacità di dare risposte convincenti all’uomo oppure è stata surclassata dalle nuove scoperte e nuove visioni dell’uomo e del mondo?
La chiesa di allora sembrava al tramonto talmente era piena di incertezze, dubbi, tradimenti e scissioni. Il pontificato di Paolo VI donò ai fedeli una nuova speranza: il fattore religioso come decisivo per la storia umana.
Giovanni Paolo II
Giovanni Paolo II iniziò il suo pontificato come figura umana imponente e autorevole; le sue prime parole furono un grido potente dalla voce baritonale calda e profonda, e con una postura alta, decisa e forte ma anche gentile: “Non abbiate paura!” alla TV e a tutto il mondo.
Era la sintesi del passaggio che allora stava avvenendo nei nostri cuori. Dunque, la Fede ha risposte per l’uomo, le provocazioni e le lacerazioni si potevano attraversare con coraggio e orgoglio, umile ma vero, che viene dalla fede stessa. Alle Giornate della Gioventù, i giovani erano entusiasti di lui e la sua risposta fu: “Sono orgoglioso, felice di ciò che ho ricevuto e posso portarvi”.
Fin da subito apparve un uomo vero, senza maschere, che non si nascondeva dietro gli abiti o i riti ma un vero protagonista della storia. Quali poesie originali, quanto amore per la natura e per lo sport. Ma egli era anche riflessivo, filosofico e mistico. Egli portava gli altri perché sapeva di essere portato da Dio. Dalla lunga tradizione della Chiesa polacca, egli aveva consapevolezza di avere una missione da compiere. Fu un lungo pontificato, uno dei più lunghi nella storia della Chiesa, perché egli aveva bisogno di tanto tempo.
La fede non è un fatto privato
Già lo avvertivano le persone più profonde, che da secoli era in atto, da parte di intellettuali, politici e governi, la secolarizzazione, cioè il relegare la fede ad un fatto privato, perché il mondo avrebbe avuto bisogno di ben altro. Come a dire che la fede era addirittura inutile. Giovanni Paolo II ha cercato in tutti i modi di ridare vitalità alla comunità cristiana e di riaffermare il valore sociale della fede, portando gli uomini ad un risveglio di religiosità.
Sentendolo parlare e vedendolo agire, si aveva davanti un uomo che si realizzava nella fede, egli appariva totalmente coerente perché viveva la fede in sé e voleva portarla ad ogni uomo. Non l’arcaismo del parlare della fede ma il fatto di mettere davanti all’uomo l’unica strada da percorrere per giungere alla propria realizzazione, giovane o vecchio, ateo e credente. Per tutto il suo pontificato, egli ha sempre sostenuto che c’è un’unica via di salvezza: Gesù il Figlio di Dio.
La teologia del corpo
Egli non si è impaurito di fronte alla Storia e ha affrontato il comunismo senza timori. Non si è sentito in condizione di minorità ma ha percepito tutta la modernità del messaggio che voleva portare. La sua era sempre un’opzione positiva, era sicuro di poter trasformare in bene anche ciò che presentava aspetti di ambiguità. Egli è stato particolarmente attento alla dimensione affettiva, vedi la sua teologia del corpo, la figura della donna ed il tema dei diritti.
Il suo è stato un pontificato vitale, anche quando ha dovuto affrontare la malattia, l’attentato, i tumori, non per dimostrare di essere un superuomo ma per dimostrare che si può essere uomini veri anche nella fragilità e nella malattia.
Lettera Enciclica Evangelium Vitae
La fede, al centro del suo pontificato, si è riflessa in una dimensione teologica, nella sua Lettera Enciclica Evangelium Vitae. Ma da dove viene questa sua passione per la vita? Dall’immedesimazione con la figura di Cristo. Nel mistero e nella realtà dell’incarnazione, egli vede l’Alleanza inscindibile tra realtà di Dio e dell’uomo. Nella realtà di quell’uomo e di altri uomini Dio rivela chi essi sono. L’inizio dell’opera è il leitmotiv di tutto il suo pontificato: aprire il cuore degli uomini e riconoscere Dio e la sua azione.
E’ stato anche un pontificato antropocentrico; il centro della storia è l’uomo, perché Dio si è fatto uomo. Certe espressioni della Gaudium et Spes, che risalgono alla sua ispirazione, rivelano questa centralità dell’Incarnazione:
– nell’Incarnazione Cristo si è unito, in un certo modo, al cuore di ogni uomo; in ogni uomo c’è il desiderio di Dio, ogni uomo è immagine di Dio
– Soltanto nel mistero del Verbo Incarnato l’uomo può trovare se stesso.
Il “diritto” al rispetto della vita, innanzitutto di quella indifesa
Tutto ciò ci dice che per Dio ogni vita umana è la cosa più preziosa perché accettando di farsi uomo, di vivere tutta l’esperienza umana, anche il tradimento, la delusione e il dolore, Egli decise di portare su di sé ogni vita umana per consegnarla al Padre. Perciò, se Dio si è fatto Uomo, la vita ha un valore infinito.
Se la vita dell’uomo è così preziosa, allora ogni uomo ha diritto a vedere rispettata la propria vita. Il tema qui è culturale, sociale e infine rappresenta un grido di allarme! Per sciogliere i diritti da una visione soltanto ideologica, egli parla del diritto alla vita come rivelatore della civiltà di una nazione. Lungimirante, si proietta sul futuro e vede ombre terribili all’orizzonte. Come la mistificazione del diritto alla vita come un diritto “individuale” e non relazionale. Egli anticipa la post modernità, vedendo non solo che il male viene accettato ma anche giustificato, in nome della libertà individuale; è questo ciò che strazia il cuore di Giovanni Paolo II.
Svela quindi la verità nascosta dietro ad un disegno mondiale che vede al centro gli interessi economici delle grandi aziende farmaceutiche, di tecnologie e di consumo, anticipando il tema della globalizzazione.
Il bene confuso con il male e viceversa
Questo contrabbando del bene per il male è dovuto al fatto che il concetto di “diritto” e di “libertà” sono stati sganciati dalla Verità; si tratta di una vera rivoluzione antropologica, che non guarda più all’uomo in relazione a Dio e agli altri uomini ma all’uomo solo come individuo. Questo perché il consumismo ha bisogno di individui soli che non si relazionino e influenzino reciprocamente.
La relazione è vista infatti come una limitazione, per il fatto che gli individui devono rispondere solo al prodotto da vendere. E’ una visione culturale antisolidaristica che avvantaggia solo i ricchi e i potenti e che ucciderà la democrazia. Infatti, là dove c’è solo la regola del potente contro il debole, siamo in presenza di un totalitarismo.
La libertà
La libertà dell’uomo non consiste nella capacità di sciogliersi ma di riconoscere i legami positivi per essere costruttore di una società giusta e non basata solo sulla forza. Negando Dio l’uomo perde il senso della sua vita.
In conclusione
Ringraziamo Mons. Camisasca per il suo prezioso intervento e, come volontaria del Movimento per la vita di Varese, vorrei sottolineare alcuni passaggi della sua relazione particolarmente interessanti al punto da stimolare ad una riflessione ulteriore, offrendo suggerimenti di letture.
Nel libro “Corpo e trascendenza, antropologia filosofica nella teologia del corpo” di Jaroslaw Merecki, il contributo più significativo del Papa alla valorizzazione del corpo nell’amore. Giovanni Paolo II ci ha lasciato un insegnamento altamente significativo in merito a due stereotipi attribuiti al messaggio cristiano dalla modernità, quello del “cattolicesimo ostile al corpo” e quello del “cattolicesimo misogino”.
Egli ha saputo ridefinire in modo moderno e rivoluzionario lo spessore e la ricchezza di umanità dell’amore umano e della sessualità, unitamente al valore insostituibile della donna nella famiglia e nella società. Il suo messaggio è più che mai attuale oggi in cui l’amore e la figura femminile vengono sempre più disumanizzati, quindi travisati e opportunisticamente ideologizzati.
Egli ha voluto superare la divaricazione tra teocentrismo e antropocentrismo, alla base della moderna separazione tra religione cattolica e cultura. Determinante in tale divorzio è stata la cosiddetta “svolta antropologica” della modernità, che, in nome del primato dell’umano, aveva finito per escludere il divino dall’orizzonte della storia (C. RUINI, Giovanni Paolo II. L’unità profonda di un pontificato realmente universale, discorso per il conferimento della laurea honoris causa all’Università cattolica di Lublino, 16 ottobre 2002.)
Come ha giustamente osservato il giornalista George Weigel, Giovanni Paolo II “ha sfidato concezioni delle dinamiche della storia universalmente accettate e ha dimostrato che la storia è mossa dalla cultura, e che al centro della cultura c’è il culto, la religione”(G. WEIGEL, Testimone della speranza. La vita di Giovanni Paolo II, protagonista del secolo, Mondadori, Milano 1999, p. 1070).
Dopo la Lettera apostolica Mulieris Dignitatem del 1988, nel settembre del 1995, quando a Pechino si tenne la IV Conferenza mondiale sulla donna, con una iniziativa senza precedenti, Papa Giovanni Paolo II rivolse un messaggio «direttamente a ogni donna per riflettere con lei sui problemi e le prospettive della condizione femminile nel nostro tempo», in cui ringraziava «ciascuna donna, per ciò che essa rappresenta nella vita dell’umanità».
In merito all’aborto va detto, senza mezze parole, che Giovanni Paolo II lo ha definito come la più grave violazione al valore della vita. La sua condanna è assoluta. In merito al “non uccidere” dice: “La vita umana presenta un carattere sacro e inviolabile, in cui si rispecchia l’inviolabilità stessa del Creatore. Proprio per questo sarà Dio a farsi giudice severo di ogni violazione del comandamento, posto alle basi dell’intera convivenza civile.
Egli è il “goel“, ossia il difensore dell’innocente (cfr. Gn 4, 9-15; Is. 41, 14; Ger. 5′, 34; Sal 19, (18), 15)… Solo Satana ne può godere: per la sua invidia la morte è entrata nel mondo (cfr. Sap 2, 24). Egli che è “omicida fin da principio”, è anche menzognero e padre della menzogna” (Gv. 8, 44); ingannando l’uomo, lo conduce a traguardi di peccato e di morte, presentati come mete e frutti di vita.
40 milioni di aborti anno nel mondo
Di fronte all’enormità delle cifre a cui siamo arrivati, alla presenza di così tanto Male, non possiamo che scuoterci dal nostro torpore e agire subito per il Bene. Suona incredibile ma le cifre sono queste: 6 milioni di aborti in Italia dall’entrata in vigore della Legge 194 del 1978 ad oggi, 40 milioni circa di aborti all’anno nel mondo, un aborto ogni 20 secondi in Europa. Giuliano Ferrara in modo definitivo ne parla così: “l’aborto è un omicidio, il più perfetto dei delitti che toglie tutta la vita, dal concepimento, a un essere umano nascente”.
Giovanni Paolo II aveva intuito la deriva a cui siamo purtroppo giunti oggi. Torniamo dunque ad ascoltare la sua voce che ci ripete, in modo forte e chiaro: “Non abbiate paura!” ad individuare il valore assoluto della vita, di qualunque vita ed in ogni sua fase. La vita è di Dio e non ci appartiene, è il suo dono più grande.
Donna, tu che aspetti un bambino sei già madre e la nuova vita che è in te urla che vuole vivere!
Uomo, anche tu difendi la vita di cui sei stato artefice, con convinzioni, gesti, parole e atteggiamenti perché sei già padre. Vedrai che il bene che fai tornerà a te.
Susanna Primavera