Il valore della famiglia

E’ proprio dalla famiglia che occorre ripartire per dare il senso del vivere ai nostri giovani. La famiglia può aiutarli a famiglie per l'accoglienzatrovare la felicità guidandoli nella loro crescita personale e spirituale. Venerdì scorso, presso l’Oratorio di Bizzozzero (Varese), si è svolta la seconda serata in programma per il mese di maggio organizzata dalle associazioni “Insieme per la Vita”, sul tema dell’ Accoglienza.

E’ diventato ormai urgente difendere a tutti i costi il valore della famiglia, del resto è quanto ci chiedono i giovani d’oggi che sognano un mondo di affetti: più famiglia, più amicizia e più affidabilità , nonché più serietà e coerenza da parte degli adulti, come ben si evince dal nuovo Rapporto Giovani 2019 dell’Istituto Toniolo dell’Università Cattolica appena pubblicato. La famiglia, intesa come valore in sé e anche come luogo privilegiato di formazione del senso civico.

Nonostante il calo delle nascite, il desiderio di diventare madri e padri non cala perché è proprio della maturità desiderare di accudire un cucciolo d’uomo, aprire il proprio cuore all’accoglienza per proteggere e vedere la gioia negli occhi di un bambino. L’accoglienza è qualcosa di assolutamente naturale, di vitale importanza nella società civile, fin dall’inizio della vita.: “ Oggi non si parla in modo naturale dell’accoglienza, è una parola che suscita tanti distinguo, come? dove? quando? Eppure noi nasciamo per essere accolti, ognuno di noi è chiamato alla felicità. Così ha definito la questione di fondo Ambrogio Nicora Presidente dell’associazione “Famiglie per l’Accoglienza” di Varese, fin dall’inizio della serata.

Prima testimonianza l’affido

La prima testimonianza ha riguardato l’affido di due bambini in una famiglia con già presenti due figli naturali:

“ Fin da giovani, io e mio marito volevamo aprire la nostra casa all’accoglienza, aprire il nostro cuore per mettere in comune gli spazi, l’energia fisica, l’affettività, tutto… ma piano piano sono emerse tutte le difficoltà, a cominciare dalla rabbia dei bambini affidati che non accettavano facilmente la loro nuova famiglia: “Perché a me? Perché sono qui? Perché voi?”

Sono emersi anche tutti i nostri limiti, le nostre pretese nei loro confronti, la difficoltà di rispondere a sentimenti di gelosia verso i nostri figli naturali o di accettare il loro attaccamento alle famiglie di origine, alla madre naturale… allora di fronte alle difficoltà spesso ci si smarrisce.

Perciò sulla base della nostra esperienza, posso dire che la prima accoglienza è da rivolgere a se stessi: tu non sei quello che credevi di essere, non sai risolvere tutti i problemi, non sei bravo e capace come l’eroe che va a salvare la vita degli altri, bisogna tornare da essere umili. Con l’umiltà si cambia sguardo alle cose e si torna a guardare ai propri figli naturali per capire che anche loro non ti appartengono. Io e mio marito abbiamo imparato ad avere uno sguardo nuovo sul mondo.

L’accoglienza non è qualcosa che tu fai una volta e basta e finisce lì; è una cosa continua, è in ogni momento. E’ un atteggiamento, un desiderio, una volontà che devi mettere in gioco anche quando rimani delusa per un brutto comportamento, una specie di tradimento, un venir meno della fiducia. Proprio in quel momento in cui vorresti mollare, devi amarlo ancora di più, devi ricominciare. Col tempo s’impara a non reagire d’istinto, devi decidere tu se vuoi farti determinare da quello o guardare oltre… Io sono molto cambiata nello sguardo sulle cose, oggi ho un modo più libero di guardare i miei e i loro difetti perché la vita va avanti, tu fai quello che puoi ma non sai come andrà a finire e così, con il tempo, impari a vivere il momento per il momento.

E’ bello osservare il cambiamento di questi ragazzi nel tempo. Nel corso della vita è come se fossero loro a dover decidere se noi adulti siamo degni di essere madre e padre. Nel tempo piano piano, anche questo si realizza: ti si avvicinano e ti chiedono un parere, ti coinvolgono, ti rendono partecipe, con nostra grande gioia.

Di questa nostra esperienza di affido, posso dire che abbiamo ricevuto molto di più di quanto abbiamo dato. E’ stata un’esperienza che ci ha fatto crescere e diventare capaci di accogliere noi stessi per primi. Però da solo non ce la puoi fare. L’associazione è molto importante perché ti aiuta veramente.

Seconda testimonianza l’adozione

“I bambini non arrivavano e pur avendo pensato all’adozione, non ne ero convinta. Ero ormai rassegnata quando una sera un amico ci ha invitato ad un mini corso sulle adozioni, organizzato da Famiglie per l’Accoglienza e da lì è partito tutto. Dopo aver visto la bellezza di quelle famiglie abbiamo deciso di adottare un bimbo di 30 giorni. La gratitudine per averlo avuto con noi è stata grande, anche verso la madre che lo ha generato.

Quando crescendo ha cominciato a capire glielo abbiamo detto dell’adozione, gli abbiamo detto la verità. C’è un progetto di bene dentro di noi ma le nostre parole ci sembrano sempre inadeguate. Il nostro compito di genitori è di accompagnarlo nel suo cammino e aiutarlo a capire la sua identità.

Il punto di partenza dell’accoglienza è stato un dolore e una  mancanza e l’accoglienza è stata liberante perché abbiamo potuto vivere la maternità e la paternità in un modo diverso da come avevamo immaginato ma non meno pieno e autentico perché la dimensione dell’accoglienza fa parte della natura dell’uomo.

Terza testimonianza Affido  Adozione e Volontariato

L’ultima mia figlia aveva 6 mesi quando ci venne affidata, poi l’adottammo. Non riuscivo a tenerla in braccio perché scappava. Era stata quei primi sei mesi in ospedale con le infermiere; sappiamo che è importante essere fin da subito di qualcuno.

Così faccio la volontaria in neonatologia e terapia intensiva per dare un principio di bene che è fatto di piccoli gesti come un abbraccio, un sorriso, talvolta solo una presenza silenziosa, e verso i genitori dei bambini ricoverati la presenza dei volontari è fatta soprattutto di un ascolto discreto.

E’ lo sguardo del cuore che conta

In conclusione, da questa serata così toccante abbiamo compreso che l’accoglienza è un progetto di bene, un principio di bene, il desiderio di condividere tutto ciò che hai nonostante i limiti di ciò che sei; è amore che vuole perdonare sempre, che sa ricominciare, che guarda sempre avanti verso il futuro con la  speranza di chi crede nell’Amore come dono di sé.

Di quale amore stiamo parlando? Di quell’amore che incontrando la diversità, sa guardare più avanti di ogni ostacolo, fatica o delusione per costruire o ricostruire ogni giorno la relazione affettiva anche con l’aiuto dell’associazione e, soprattutto, con una marcia in più che deriva dall’affidarsi a Lui, Gesù, il vero Maestro dell’Amore Accoglienza.

Susanna Primavera