L’incontro con Padre Damiano, sacerdote missionario in Libano da oltre 15 anni lascia sempre il segno, nel cuore. Così è stato anche martedì 15 ottobre sera, nella Sala Consiliare di Malnate, nell’incontro organizzato in seno agli eventi del Mese Missionario Speciale promosso dal gruppo di associazioni “Insieme per la Vita” e presentato, in questo caso, dal CAV (Centro di Aiuto alla Vita) di Malnate. Erano presenti per le autorità  il Sindaco di Malnate Irene Bellifemine, Maria Croci dei Servizi Sociali e, quale moderatore, il Sindaco di Comerio Silvio Aimetti, Portavoce di Rete Civica dei Comuni per l’accoglienza.

Il Libano Paese dell’eterna primavera

La situazione geo-politica attuale del Libano, che in questi anni ospita sempre più numerosi profughi siriani, nel racconto di Padre Damiano si snoda nel tempo della storia dai Sumeri alla guerra civile del 1976. La sua relazione risulta particolarmente interessante anche perché nell’affrontare la complessità della situazione medio orientale, diverge dalle informazioni di routine che ci vengono fornite dai media nel dipingere il Medio Oriente. Egli ci presenta infatti l’altra medaglia, il risvolto meno noto, il prezzo umano delle guerre; catastrofi spesso provocate dallo stesso evoluto Occidente. “L’Occidente sbaglia” ci dice Padre Damiano “perché dovrebbe spingere a realizzare la democrazia e non sostenere i ribelli.” Non bisogna portare a dividere l’Oriente su base religiosa per trasformarlo in tante isole, come è successo per esempio in Libia, ridotta ormai a venti tribù in lotta tra di loro oppure in Iraq, dove le famose armi di distruzione di massa non si sono mai più trovate. I Palestinesi occuparono il Libano fino a Beirut e la tensione con gli Israeliani rimane costante nel tempo. Anche la Turchia preoccupa con Erdogan che estende sempre più i suoi poteri. Recentemente in Libano è stato dichiarato lo stato di emergenza economica. Di fatto, si teme sempre il peggio… I ribelli che invadono e distruggono cercano sempre “la terra” e non portano la democrazia!

Una visione dell’uomo molto diversa da quella occidentale

Per capire questa mentalità, va detto che il senso di identità personale in Oriente non coincide con il senso del sé della cultura occidentale perché è la propria tribù, è il proprio territorio che dà l’identità, che dà una storia, una tradizione. In tal senso, la “terra” è tutto e senza un luogo dove stare, non si è nessuno, non si ha valore. In Medio Oriente l’uomo non è soggetto di diritti. Il legame non è per il singolo ma per il popolo. In Libano non c’è un’assistenza sociale, sanitaria, perciò i ricoveri in ospedale e le cure sono solo a pagamento. Lo Stato in effetti non si occupa dei poveri, tranne che per motivi di sicurezza, in caso di disordine pubblico. Il Libano non ha mai accolto rifugiati politici e non dà la cittadinanza a nessuno; la Costituzione libanese, nonostante sia frutto di una Repubblica Parlamentare fondata sulla democrazia, miracolo di fusione di religioni e culture diverse (cristiani, sunniti e sciiti), non prevede una protezione umanitaria di alcun genere. “Io stesso” precisa Padre Damiano ” che sono in Libano da 15 anni, ogni anno devo rinnovare il permesso di soggiorno.” In sostanza in Libano, essere poveri significa essere abbandonati da tutti. Siamo immersi da 1300 anni nella cultura araba e dobbiamo tenerne conto anche in merito ai valori che possono essere diversi.

La nostra accoglienza dei profughi nella provincia di Varese

Il sindaco Aimetti è intervenuto rivolgendo diverse domande a Padre Damiano e illustrando la situazione della nostra provincia in merito alla protezione umanitaria, prevista invece dalla nostra Costituzione Italiana. Varese per esempio, con i suoi 890 mila abitanti ospita 800 profughi: l’uno per mille; è veramente poco! Inoltre da noi sono diverse le realtà che se ne fanno carico: Comuni, Parrocchie e Privati. A Varese su 139 Comuni, solo 40 hanno ricevuto richieste di asilo… mentre a Damour: un milione e mezzo di siriani

Padre Damiano ci spiazza con le sue battute a raffica in un simpatico accento toscano, quando ci ricorda che “Il problema non sono i simboli religiosi ma il cuore e l’occhio alla povertà.” Di quale cuore ci parla Padre Damiano? Il pietismo di chi non ha la coscienza a posto e allora si interessa dei poveri per mettersi in pace? L’incoscienza di chi non si arrende alla cattiveria degli uomini e si illude di sperare in un mondo più giusto? La carità di Padre Damiano non è nemmeno fondata sulla compassione ma cerca qualcosa di più; vuole togliere “la rabbia” dai cuori feriti perché le cose materiali non bastano, non sono sufficienti a portare la pace nell’anima. Si tratta perciò di donare beni essenziali ma anche di fare un cammino insieme.

Non di solo pane

Padre Damiano ci porta dritti nel cuore dell’uomo, della sua umanità ferita. Svela i drammi umanitari causati da ogni guerra. Ci fa vedere la realtà così com’è alla periferia di Damour, nelle baracche occupate dai profughi, abitazioni precarie, umide e fatiscenti, senza corrente elettrica, spesso senza mobili. Nelle immagini delle fotografie che ci scorrono davanti, vediamo i bambini quasi sempre a piedi nudi, poverissimi. Sono per la maggior parte profughi siriani, sono donne e bambini che hanno lasciato a guardia della loro casa, a combattere, i propri uomini e che quindi si trovano lì, alla periferia della città, sole e senza mezzi, in balia di chiunque.

Padre Damiano ha creato nel 2011 un’associazione che si chiama “Oui pour la vie“, in cui un gruppo di volontari cristiani e musulmani insieme si adopera per avvicinare questa gente emarginata, per conoscerla e aiutarla anche se con poco perché gli stessi volontari non sono ricchi e cionostante si autotassano per offrire un terzo del proprio guadagno a chi è ancora più povero di loro. Da questa associazione, per rispondere ai bisogni più importanti dei più poveri tra i poveri, è nata nella città di Damour, una mensa che offre 600 pasti al giorno e una colonia estiva per raccogliere i più giovani a cui offrire momenti di gioia, momenti educativi e spazi di creatività e di divertimento.

I cristiani per la Pace

Così Padre Damiano conclude la sua conferenza parlando dell’essere cristiani e missionari; racconta del massacro dei cristiani del 1976 a Damour; da 33.000 che erano allora, oggi sono rimasti soltanto in 2000, un quinto degli abitanti della regione. Non dobbiamo vergognarci di essere cristiani perché noi siamo quelli che fanno il primo passo, perché solo i cristiani stanno insieme a sciiti e a sunniti, noi siamo quelli che accolgono facilmente altre culture perché ciò che interessa veramente è far fiorire un sorriso, è vedere che riusciamo a calmare, a far perdonare. I cristiani sono quelli che durante il massacro, pregano in chiesa in questo modo:

“Padre, perdona a noi i nostri debiti e a coloro che vengono per ucciderci!

Susanna Primavera