Come usare il tempo nei giorni della solitudine e della lontananza da amici e cari
Il Corona virus permette anche delle riflessioni sul valore della vita, alla luce della Bibbia, se si decide di usare il tempo di forzata sosta in casa anche leggendo e meditando.In questi giorni , infatti, molti di noi sono costretti a rinunciare alle abitudini lavorative e di svago, per limitare il più possibile il diffondersi del contagio del “coronavirus”.
(…) gli uomini “….sono carne, un soffio che va e non ritorna”.
Queste parole, se isolate dal loro contesto, possono contribuire a rattristarci, perché percepiamo quanto sia facile poter perdere la vita da un momento all’altro. Allora potremmo chiederci: “ Ha un senso la vita? Ha senso il lavoro, la fatica, fare una famiglia, mettere al mondo i figli, fare progetti, se basta un piccolo soffio e la vita va e non ritorna?”
E ancora: forse, in questi giorni in cui abbiamo più tempo per riflettere, ci rendiamo conto anche che tutta la baldanza, tutta la pretesa di autosufficienza dell’uomo moderno, si rivelano completamente illusorie. L’uomo, che riteneva di avere tutto sotto controllo, di essere proiettato verso un continuo progresso, con l’ausilio della scienza e della tecnica era convinto di realizzare a breve il sogno di sconfiggere la morte. Invece, di colpo si trova a fare i conti con gli spettri del passato, un’epidemia che è ormai diventata pandemia.
L’uomo occidentale, nel desiderio di assoluta autodeterminazione, ha voluto fare a meno di Dio, anzi ha preteso di prenderne il posto, ha rifiutato la Sua legge, la legge naturale espressa nei dieci comandamenti e si è fatto lui stesso fonte della legge, uomo autoreferenziale che decide ciò che è buono e giusto unicamente in riferimento a ciò che risulta utile e/o desiderabile.
La parabola dei vignaioli omicidi ( Mt 12,1-11)
Ci soccorre il Vangelo, la “ parola buona”: come nella parabola dei vignaioli omicidi (Mt 12,1-11), l’uomo ha decretato la “morte di Dio” così, da amministratore del creato, si è fatto il padrone e signore della vita, anche se sa di non esserne l’autore. Apparentemente sembra in grado di riprodurla in laboratorio , il che lo porta a considerarsi padrone della vita dalla nascita alla morte, in realtà non fa altro che scimmiottare il vero Signore della Vita.
In questa prospettiva, in questa società dell’uomo-dio, si ripresenta ancora una volta il mito della gnosi: l’uomo, attraverso la conoscenza, deve correggere gli errori presenti nella creazione. Allora il Creatore avrebbe sbagliato qualcosa nel suo progetto e l’uomo deve, può, ha il diritto di correggere queste imperfezioni. La conseguenza è il mito del progresso, un miglioramento continuo che porterebbe a sconfiggere la morte, quindi non può esserci posto per il dolore, per la sofferenza, per la malattia, perché per l’uomo-dio non hanno più alcun senso.
In attesa di sconfiggere la morte, l’uomo-dio, non sopportando la presenza del dolore, della sofferenza e della malattia, si arroga il diritto di decidere quale vita meriti di essere vissuta e quale non ne sarebbe degna, secondo criteri che lui stesso ha stabilito, assomigliando anziché al Dio Creatore e amante della vita, ad un novello imperatore romano che, nell’arena, col pollice alzato o capovolto, decideva della vita dei lottatori, ergendosi così a signore della vita e della morte.
“…vegliate, dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora” (Mt 25,13)
Il dramma che stiamo vivendo in questi giorni, ci deve riaprire gli occhi: il “coronavirus” ci ha trovati impreparati, ci ha messo di fronte alla realtà che l’uomo non è padrone della vita, tanto meno della morte; le malattie possono essere curate, da esse si può guarire, ma ci accompagneranno sempre e, di conseguenza, anche il dolore e la sofferenza. Certo, possiamo allungare la vita, ma non sconfiggere la morte, essa arriva inevitabilmente e spesso quando meno ce lo aspettiamo..
In questi giorni per molti la morte è arrivata all’improvviso, come un ladro che in un momento ti ruba la vita e tutti ci sentiamo minacciati, insicuri, nel terrore di poter perdere il bene più prezioso che, come appunto dice il Salmo, “è un soffio che va e non ritorna”.
” poco meno degli angeli ci ha fatto, di onore e gloria ci ha coronato “(Sal. 8)
I credenti vivono con i loro fratelli questo stato d’animo, ma sanno che, se avranno veramente fede in
E’ vero che la vita è un soffio che va e non ritorna, ma dove va? Nel nulla?
No, perché dal nulla siamo stati tratti, Dio ci ha tratto dal nulla, ci ha fatto a sua immagine e somiglianza, ci ha donato la vita e ce l’ha donata per sempre: essere chiamati alla vita vuol dire averla ricevuta per sempre.
“Dio non è il Dio dei morti, ma dei vivi” (Mt 24,32).
Gesù il Figlio di Dio lo conferma. Dio è autore e amante della vita e la dona per sempre, ha mandato il Figlio per sconfiggere la morte, conseguenza del peccato, e perciò la Risurrezione di Cristo ci assicura che anche la nostra morte è solo un passaggio, non una realtà definitiva:
“Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi, e non vi sarà più morte, né lutto, né dolore” (Ap 21,4).
Richiamare alla memoria il nostro vero destino in questi tempi di lutti e scoramenti ci deve infondere fiducia e speranza.
Allora diventa assolutamente decisivo comprendere che la vita è veramente “dono”, il dono più importante, perché, per poter partecipare alla vita eterna di Dio, bisogna che la vita sia accolta, ma anche amata, tutelata dal suo concepimento alla fine naturale, per riconoscenza, come il bene più prezioso che abbiamo ricevuto.
Oggi, purtroppo, è triste constatare che, soprattutto nel mondo occidentale, questo dono è sempre più rifiutato, è imperante una “cultura della morte”( come si può leggere in vari nostri articoli), che attenta alla sacralità della vita con molti mezzi: aborto volontario, denatalità, liberalizzazione della droga, eugenetica, eutanasia . Poi, come se tutto ciò non bastasse, si è arrivati anche a pensare di ricreare l’uomo, diversamente da come Dio l’ha pensato: è la frontiera del trans-umanesimo, la nuova ideologia scientista che, attraverso la tecnica, vuole aumentare le capacità fisiche e cognitive dell’uomo per mezzo della fusione di uomo e macchina. Finalmente così sarà possibile sconfiggere la morte, perché ai cyborg è possibile cambiare i pezzi danneggiati!
Sembra fantascienza, ma purtroppo non lo è, perché ingenti somme di denaro vengono impiegate per realizzare questo progetto.
In questo tempo di forzata inattività, pensiamo, riflettiamo, preghiamo, leggiamo la Bibbia e soprattutto ringraziamo per il dono della vita:
Dio ci vuole collaboratori nel donare la vita, perché siamo fatti a sua immagine e somiglianza e quindi il nostro agire è una partecipazione al Suo agire. Egli ci vuole partecipi nella costante opera di donazione della vita, di amore, di solidarietà, prendersi cura l’uno dell’altro, ogni giorno fine alla fine del mondo.
Dio ha donato tutto per noi, anche la vita per la nostra salvezza.
“nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15)
Si dice che c’è molta più gioia nel donare che nel ricevere, nella mia esperienza di padre di cinque figli ed ora nonno, lo posso pienamente confermare.
“Crescete, moltiplicatevi e riempite la terra” (Gn 9)
Il donare la vita non è solo un dovere morale, ma anche una grande gioia, la gioia di vedere il miracolo della vita sbocciare dall’amore di un uomo e una donna, immagini di colui che è Amore.
Claudio Di Giovanni è marito, padre di 5 figli, nonno di 2 nipotini, membro di Alleanza Cattolica, impegnato nella difesa della vita con la rete di associazioni “ Insieme per la vita”.