Non sempre la Buona Novella della venuta al mondo di un bambino è accolta con gioia ed entusiasmo, come dovrebbe essere.

Nel caso di una mamma molto giovane, ad esempio, la notizia di essere rimasta incinta può addirittura sconvolgere l’animo e alterare il comportamento abituale, con gravissime conseguenze per il neonato.

E’ ciò che viene raccontato da René Arpad Spitz (1887 – 1974), medico e psicoanalista, nella sua opera “Il primo anno di vita del bambino”, un classico della psichiatria del 1958:

CASO N° 1

La madre del bambino ha 16 anni, è una ragazza dai tratti delicati, non è sposata. Lavora come domestica; è stata sedotta dal figlio del padrone, e un solo rapporto sessuale ha provocato la gravidanza. E’ cattolica praticante. La gravidanza si accompagna a gravi sensi di colpa, il bambino non è affatto desiderato.

Il parto ebbe luogo in una clinica ostetrica e si svolse normalmente. Dopo 24 ore fu attaccato al seno senza successo; egualmente avvenne alla poppata successiva. La madre affermava di non avere latte. Tuttavia non esisteva alcuna difficoltà a spremere manualmente il latte dal seno. Anche il bambino non aveva alcuna difficoltà a poppare il latte dal poppatoio.

Quando il bambino veniva attaccato al seno, la madre lo trattava come un estraneo, come una cosa e non come un essere vivente; aveva un atteggiamento di rifiuto, rigida e tesa nel corpo, nelle mani e nel viso.

Questa situazione si protrasse per cinque giorni. Abbiamo filmato l’ultimo tentativo, in cui si può osservare il bambino cadere in una spoecie di stupore semicomatoso, come quello descritto dalla Ribble (ndr. Margaret Riddle, Clinical Studiesof Instinctive Reactions in Newborn Babies. Am J.Psychiatry, 95, 1938.).

Il bambino fu resuscitato con clisteri salini e alimentato con sonda gastrica.

A causa delle circostanze e del livello intellettuale della madre, abbiamo usato il metodo più semplice, consistente in precise istruzioni alla madre corredate da esercizi pratici: come comportarsi col bambino, come tenerlo, come offrirgli il seno. Nello stesso tempo si è provveduto a rimettere il bambino e, dopo cinque giorni, la poppata finalmente riusciva, il bambino si riprendeva, almeno nei giorni successivi, durante i quali abbiamo avuto occasione di seguirlo.

Ci si può domandare come si svilupperà un bambino, in un caso di rifiuto così manifesto fin dall’inizio. Benché il pericolo della morte in questa reazione primaria sia stato superato, mi sembra che si instaureranno altre sequele psicosomatiche, anche se meno gravi. Credo che certi casi di vomito nei primi tre mesi di vita appartengano a questa categoria.

CASO N° 2

Inizialmente la madre nutre il bambino al seno, poi rifiuta di continuare ad allattarlo, affermando che il bambino vomita. Si allatta il bambino con la bottiglietta, ma questi continua a vomitare.

Si varia la formula. Durante tutto questo periodo la madre si lamenta nei riguardi del bambino.

Dopo tre settimane di questo regime, la madre contrae una forma influenzale; viene trasferita in ospedale e separata dal bambino. Il bambino fu allattato al poppatoio, con la stessa formula, da una persona diversa. Il vomito cessò immediatamente. Questo regime continua per sei settimane.

Dopo tale periodo la madre lascia l’ospedale. Il vomito riprende entro quarantott’ore.

E’ chiaro che nei casi appena descritti il rifiuto della madre non riguarda il bambino ma il fatto di avere un bambino, quindi è rivolto alla maternità in sé stessa (Rifiuto materno non oggettuale). Questo succede nei primi mesi di vita del bambino. Successivamente – ci dice Spitz – l’individualità del bambino si farà sentire e l’ostilità materna si svilupperà in modo più specifico ed in funzione della particolare personalità del bambino. Un tale rifiuto sarà rivolto al bambino e non assomiglierà più al rifiuto della maternità dei primissimi mesi di vita del bambino.

Perché il rifiuto della maternità?

L’origine di questo rifiuto da parte della donna potrebbe stare:

  • nella giovane età, quindi nell’immaturità personale verso la maternità
  • nei rapporti con il padre del bambino,
  • nella storia personale di sviluppo
  • nel rapporto con i genitori
  • nello sviluppo della sua personalità
  • nel senso della sua identità femminile

Il bambino di fronte alla madre è totalmente indifeso e non ha ancora sviluppato dei meccanismi di difesa del suo Io.

E’ in una fase arcaica in cui gli è stato tagliato da poco il cordone ombelicale ed ha appena iniziato a sperimentare l’uso della sua bocca. La sua prima reazione è il disagio nell’ uso della bocca nei primi giorni e nel vomito successivamente.

https://nieznalska.com/en/compilation-of-the-film-by-rene-spitz-entitled-psychogenic-diseases-in-infancy-1952/

E’ in una fase di sviluppo in cui prevale il corpo, il soma, mentre più avanti, man mano che il suo Io si struttura, emergono i disordini psichici del comportamento.

La giovane donna che non accetta il suo bambino, peraltro senza rendersene conto lucidamente, soffre d’ansia; uno stato ansioso che può derivare da una forte ostilità repressa a livello inconscio. Si tratta spesso di una giovane donna immatura, dalla personalità infantile,  con poche risorse culturali e di personalità. Non ama toccare il proprio bambino e prendersene cura. Il bambino reagisce al comportamento della mamma, somatizza e può anche ammalarsi. Crescendo incontrerà difficoltà nei contatti sociali, nella capacità di adattamento e, più in generale, nelle relazioni interpersonali. Ne soffrirà anche la memoria e la capacità di imitazione.

 

I risultati delle ricerche

Nelle sue ricerche il dott. Spitz aveva notato che l’atteggiamento materno che oscillava <rapidamente> fra tenerezza e ostilità manifesta, cioè che passava ad esempio, da un momento all’altro, dai baci alle botte con frequenti alti e bassi dell’umore, sembrava condurre frequentemente a disturbi della motricità infantile. I disturbi nel sistema motorio nel primo anno di vita sono assai frequenti e si possono dividere in due tipologie:

  • ipermotricità
  • ipomotricità

Negli istituti dell’infanzia abbandonata si notava spesso una particolare forma di ipermotricità denominata “dondolio dei lattanti”. E’ un tipo di movimento che di per sé non può essere definito patologico perché si presenta in modo transitorio come qualcosa di passeggero. Ciononostante, diventa l’attività principale, se non esclusiva, del bambino in oggetto. Si tratta perciò di un  movimento che rimpiazza tutte le altre attività normali, dura tanto e ha un suo contenuto violento. I bambini in questione presentavano ritardo nel settore “sociale” e nella “manipolazione”, cioè nell’azione sulle cose, i giocattoli e i vari oggetti. Tutto ciò denotava che nel loro sviluppo non erano riusciti a formare dei rapporti oggettuali, cioè relazionali, stabili. Questi bambini, spinti da un bisogno di gratificazione, avevano trovato nel movimento un oggetto sostitutivo alla madre nel proprio corpo.

Le oscillazioni di umore sono caratteristiche della sindrome depressiva. Madri depresse per periodo lunghi, avevano dei bambini che giocavano con le feci. Queste madri all’inizio avevano dimostrato una grande premura verso i loro bambini che poi si era persa ed era stata sostituita da un atteggiamento di rifiuto. Anche in questo caso, per una forma di compensazione, i bambini coprofagici avevano sostituito la madre assente con le loro feci..

Quando le madri erano legate ai loro bambini fondamentalmente per una soddisfazione narcisistica ed esibisionistica, i loro bambini erano abili nella manipolazione degli oggetti ma non erano interessati al contatto umano e avevano comportamenti ostili verso chi cercava di avvicinarli.

La depressione anaclitica

I bambini che per sei mesi avevano avuto un buon rapporto con la madre e poi ne erano stati privati per un periodo più o meno lungo, finivano per entrare in una depressione “anaclitica”:

  • primo mese: i bambini diventavano piagnucolosi e si lamentavano con chi prendeva contatto con loro
  • secondo mese: pianto che si trasformava in grida, perdita di peso e arresto dello sviluppo
  • terzo mese: rifiuto del contatto, posizione patognomonica (restavano tutto il tempo distesi a pancia in giù nel lettino), insonnia, continua perdita di peso, ritardo motorio e rigidità espressiva
  • dal quarto mese in poi: rigidità espressiva stabile, nessun pianto ma grida saltuarie e letargia.

Se prima di un certo periodo, tra la fine del terzo mese e la fine del quinto, si restituiva la madre al bambino oppure si trovava un suo sostituto, i disturbi sparivano rapidamente e sorprendentemente.

Invece, i bambini del brefotrofio (fuori dal territorio degli Stati Uniti), che non avevano mai avuto un buon rapporto con la madre, bambini che avevano sofferto di carenza affettiva totale, andavano incontro a conseguenze deleterie: dei 91 bambini seguiti nella ricerca, il 37% morì.

Oggi, in molte parti del mondo, i brefotrofi e gli orfanotrofi sono stati sostituiti dall’adozione e dall’affidamento, dalle case-famiglia e da strutture comunitarie.

 

Se non te la senti di portare avanti una gravidanza, puoi partorire in anonimato e lasciare il tuo bambino in ospedale affinché venga subito dato in adozione.

In questo modo, potrai ottenere diversi vantaggi:

– non ti sentirai in colpa per aver negato la vita ad un essere umano

– permetterai al tuo bambino di trovare una famiglia che gli garantirà un futuro

– farai felice una coppia che vuole amare e accudire un bambino

– rimarrai libera di continuare la tua vita senza doverti occupare del bambino

Contattaci, non sei sola!

 

Susanna Primavera