Il 22 aprile si celebra la “giornata nazionale della salute della donna“, ma di rado si parla della depressione dopo un aborto, come invece confermano gli studi scientifici in merito, ma, soprattutto, come testimoniano numerosissime donne che affidano al web la propria sofferenza.
Al web…come se la rete fosse il nuovo guru della guarigione da un trauma come quello del lutto, della perdita del proprio bambino. Che l’aborto sia deciso dalla donna (per mille svariati motivi) o che si tratti di un aborto spontaneo, la depressione può assalire inaspettatamente, violenta quanto subdola, capace di annientare la voglia di vivere. E il web non è in grado di risolvere un dramma così grande, ci vuole ben altro:
Quali sono i possibili sintomi di questo particolare tipo di depressione? Sono individuati chiaramente e riconducibili ad un senso di inadeguatezza, di mancanza di voglia di vivere, di vergogna, di disagio, talvolta di rifiuto del cibo… La letteratura in merito ha iniziato da pochi anni ad occuparsi di questo problema, che investe sfere diverse e lontanissime tra loro, con un denominatore comune: il carattere antropologico che le contraddistingue. Interessante uno studio in merito alla depressione post aborto , del quale risulta particolarmente sconvolgente la statistica di dolore che ne consegue:
“Uno studio, svolto su donne che avevano abortito volontariamente, ha rilevato che 8 settimane dopo l’ i.v.g. il 44% presentava disturbi mentali, il 36% disturbi del sonno, il 31% si era pentito e l’11% si era fatto prescrivere psicofarmaci dal proprio medico di famiglia. Un altro studio ha rilevato che le donne che abortiscono hanno una probabilità molto più alta, rispetto alle altre, di essere ricoverate successivamente in un reparto psichiatrico.”
Diventa allora indispensabile la vicinanza di una persona amica, anche un’estranea, ma disposta a non giudicare (come si potrebbe mai giudicare una mamma mancata? una donna che abortisce ha purtroppo spesso il problema della solitudine, prende la propria decisione senza sapere cosa le accadrà dopo…) ; per aiutare la mamma in difficoltà spesso può essere di grande aiuto anche una volontaria, disponibile ad accompagnare chi sta soffrendo in modo tremendo.
Il dramma di una donna che ha abortito continua dopo l’interruzione, come si può leggere in vari siti, dove la richiesta più frequente è di aiuto a distanza : significativa la testimonianza di una giovane signora che, dopo due mesi ancora soffre per la IVG che “ha subìto”, dando conferma di come, spesso, la causa dell’aborto sia di carattere economico. La risposta frequente a domande sull’ansia e l’angoscia derivate dall’aborto è di farsi seguire da uno specialista, il che, naturalmente, prevede comunque un esborso! La psicoterapia è un percorso lungo e costoso, non sempre risolutivo, tra l’altro, nemmeno quando si tratta di aborto spontaneo, figuriamoci in caso di aborto volontario, quando subentrano implicazioni legate alla femminilità, al dono della maternità cui tutte o almeno, la maggior parte delle donne, aspira. E la depressione può durare anni!
Gli studi su questa difficile tematica si moltiplicano, sia in ambito scientifico, religioso, medico e laico.
A chi può rivolgersi una donna che ha abortito (spontaneamente o volontariamente)? Ci sono varie associazioni, meritorie, che accolgono ed accompagnano mamme mancate.
Il progetto “Fede e terapia” offre consulenze con psicologi, sacerdoti, volontari, opera sia telefonicamente che di persona.
La “Vigna di Rachele” propone week end di riparazione dal trauma dell’aborto, e aiuta la donna e/o la coppia, attraverso un percorso di accompagnamento, a superare il dolore della perdita del bambino.
Inoltre, lo sportello presso l’ ospedale Del Ponte, a Varese, accoglie mamme in difficoltà, aiutandole con interventi di carattere economico, medico, di amicizia.
Se sei in difficoltà vieni a trovarci!