1° testo:

 

“La struttura familiare di cui la donna è parte, sia nella famiglia d’origine sia in quella che essa stessa fonda insieme all’uomo, è la fonte primaria della subordinazione, una subordinazione che si estende da quella verso l’uomo (padre o coniuge) a quella verso l’attività produttiva e la società in generale.

La subordinazione si attua in diversi momenti. Uno dei più elementari, in cui si perpetua, è l’educazione che i figli ricevono nella famiglia. Questa educazione è caratterizzata dal presentare ai figli modelli di superiorità dell’uomo (fra i primi il padre nei suoi rapporti con la madre) e dall’imprimere una direzione diversa nella educazione dei bambini e delle bambine.

Fin da bambina la donna riceve un tipo di educazione <i>diversa</i>, le si richiedono modi gentili e sorridenti, concilianti e quindi in qualche modo rinunciatari, si comincia a farle in qualche modo apprezzare e coltivare quella che si pensa la principale dote, l’avvenenza. (…)

Se si accetta l’ipotesi che la famiglia è una struttura in cui si perpetua la condizione di oppressione della donna è opportuno considerare se, oltre al ruolo dell’indottrinamento culturale, di conservazione di valori nell’educazione, di preparazione a una specifica funzione sociale della donna, la famiglia svolga, e in che termini, altre funzioni.(…)

E’ ben chiaro che la donna proletaria ha una condizione diversa dalla donna economicamente privilegiata; ciò non toglie che l’una e l’altra, nell’ambito delle rispettive famiglie, abbiano una posizione subordinata nei confronti del marito. Cambiano i modi e l’incidenza della subordinazione,

non muta la subordinazione in quanto tale.”

(P. Alfieri- G. Ambrosini, La condizione economica sociale e giuridica della donna in Italia, Paravia, Torino, 1975).

 

2° testo

(…) “Ai nostri tempi la questione dei ¬´diritti della donna» ha acquistato un nuovo significato nel vasto contesto dei diritti della persona umana. Illuminando questo programma, costantemente dichiarato e in vari modi ricordato, il  messaggio biblico ed evangelico custodisce la verità sull’¬´unità» dei ¬´due», cioè su quella dignità e quella vocazione che risultano dalla specifica diversità e originalità personale dell’uomo e della donna.(…)

 

Le risorse personali della femminilità non sono certamente minori delle risorse della mascolinità, ma sono solamente diverse. La donna dunque _ come, del resto, anche l’uomo _ deve intendere la sua ¬´realizzazione» come persona, la sua dignità e vocazione sulla base di queste risorse, secondo la ricchezza della femminilità, che ella ricevette nel giorno della creazione e che eredita come espressione a lei peculiare dell’¬´immagine e somiglianza di Dio».(…)

La maternità della donna, nel periodo tra il concepimento e la nascita del bambino, è un processo bio-fisiologico e psichico che ai nostri giorni è conosciuto meglio che non in passato ed è oggetto di molti studi approfonditi. L’analisi scientifica conferma pienamente come la stessa costituzione fisica della donna e il suo organismo contengano in sé la disposizione naturale alla maternità, al concepimento, alla gravidanza e al parto del bambino, in conseguenza dell’unione matrimoniale con l’uomo. Al tempo stesso, tutto ciò corrisponde anche alla struttura psico-fisica della donna. Quanto i diversi rami della scienza dicono su questo argomento è importante ed utile, purché non si limitino ad un’interpretazione esclusivamente bio-fisiologica della donna e della maternità. Una simile immagine ¬´ridotta» andrebbe di pari passo con la concezione materialistica dell’uomo e del mondo. In tal caso, andrebbe purtroppo smarrito ciò che è veramente essenziale: la maternità, come fatto e fenomeno umano, si spiega pienamente in base alla verità sulla persona. (…)

Si ha in questo amore una fondamentale affermazione della donna come persona, un’affermazione grazie alla quale la personalità femminile può pienamente svilupparsi ed arricchirsi. Proprio così agisce Cristo come sposo della Chiesa, desiderando che essa sia ¬´gloriosa, senza macchia né ruga» (Ef 5, 27). Si può dire che qui sia pienamente assunto quanto costituisce lo ¬´stile» di Cristo nel trattare la donna. Il marito dovrebbe far propri gli elementi di questo stile nei riguardi della moglie(…)

Se non si ricorre a quest’ordine e a questo primato, non si può dare una risposta completa e adeguata all’interrogativo sulla dignità della donna e sulla sua vocazione. Quando diciamo che la donna è colei che riceve amore per amare a sua volta, non intendiamo solo o innanzitutto lo specifico rapporto sponsale del matrimonio. Intendiamo qualcosa di pi√π universale, fondato sul fatto stesso di essere donna nell’insieme delle relazioni interpersonali, che nei modi pi√π diversi strutturano la convivenza e la collaborazione tra le persone, uomini e donne. In questo contesto, ampio e diversificato la donna rappresenta un valore particolare come persona umana e, nello stesso tempo, come quella persona concreta, per il fatto della sua femminilità. Questo riguarda tutte le donne e ciascuna di esse, indipendentemente dal contesto culturale in cui ciascuna si trova e dalle sue caratteristiche spirituali, psichiche e corporali, come, ad esempio, l’età, l’istruzione, la salute, il lavoro, l’essere sposata o nubile.(…)

La Chiesa ringrazia  per tutte le manifestazioni del «genio» femminile  apparse nel corso della storia, in mezzo a tutti i popoli e Nazioni; ringrazia per tutti i carismi che lo Spirito Santo elargisce alle donne nella storia del Popolo di Dio, per tutte le vittorie che essa deve alla loro fede, speranza e carità: ringrazia per tuttii frutti di santità femminile.

(Giovanni Paolo II, Mulieris dignitatem, 1988)

Concludendo:

Ciascuna di noi potrà riflettere su questi pensieri, cercare in se stessa quale modello femminile più la rappresenti. Personalmente, sono felice di avere un Uomo, come il Santo Padre, che parla di me come donna in questi termini; che mi fa sentire quasi “eroica” nel mio semplice, imperfetto, quotidiano essere <b>moglie e madre.