Gettati nella vita senza averlo chiesto: che senso ha la vita?
Il filosofo Heidegger sottolineava il fatto che la vita viene in certo qual modo subita perché non richiesta, non voluta; non abbiamo chiesto di nascere e ci siamo ritrovati la nostra vita in mano da gestire, senza preparazione alcuna. Un destino strano perché conduce in meno di un secolo diritto alla morte.
Personalmente credo che questa fine venga in un certo qual modo scongiurata quando in gioventù irrompe prepotente il desiderio di avere un bambino, di diventare madre o padre. Ci sembra allora di aprirci ad una sorta di “immortalità”. Dietro di noi lasciamo parti del nostro DNA, vita della nostra stessa vita, con un’impronta culturale unica. Inoltre, lasciamo la storia della vita condivisa attraverso la famiglia che abbiamo creato.
Illuminanti sono in tal senso le parole del fisico Enrico Medi, allievo di Enrico Fermi, nel suo libro “Il mondo come lo vedo io” “Ecco due giovani sposi di ritorno dal viaggio di nozze, dalla luna di miele; eccoli costruire nella rinuncia quotidiana la nuova vita. Un ciclo si compie. I bimbi nascono. Ogni creatura è un messaggio dell’eterno che inizia nel tempo e travalica cielo e terra. Fra tutte le opere umane questa è la sola opera che resta. Un bimbo tuo: ecco la vera basilica, ecco il capolavoro che rimarrà quando tutto il resto sarà scomparso; ecco la creatura che ha la forza di richiamare sulla terra il Figlio di Dio. E’ Lui che dice: Chi vive in me non muore. Non muore infatti, quale persona umana e quale germe di vita, gettato attraverso i secoli e le generazioni..”
Nonostante l’intelligenza superiore dell’uomo rispetto all’animale, il male rimane
La cultura umanistica e scientifica insiste molto sulla superiorità dell’uomo rispetto agli animali tutti. Non c’è animale che possa superare l’essere umano per sensibilità, intelligenza e capacità. L’ingegno dell’uomo ha fatto la storia delle conquiste del pensiero, del progresso e dello sviluppo delle arti. Tuttavia, la storia degli uomini è purtroppo ancora oggi una narrazione continua di violenza, morte e distruzione di altri esseri umani, i più fragili: donne, bambini e anziani. E’ la “Banalità del male”, come disse Hannah Arendt in cui non c’è vera coscienza, consapevolezza di ciò che si fa. Le ultime parole di Gesù sulla croce sono infatti proprio queste: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”.
Anche oggi che stiamo facendo la storia di Internet, la rete mondiale che lega tutti i popoli, un tesoro di ricchezza di informazioni e nuova efficace forma di comunicazione, sappiamo che essa si estende anche al “dark web”, un percorso di divulgazione illegale nascosto, in cui circola il peggio: non solo materiale hard e pedopornografico ma anche file “gore”. Si tratta di una fiera degli orrori con video e immagini di suicidi, mutilazioni, squartamenti e decapitazioni di persone e talvolta di animali.
E che dire delle ultime disposizioni del ministro Speranza in merito all’aborto farmacologico, trasmesse in un tweet?
RU486: abortirai nel dolore e in solitudine
Le ultime disposizioni in materia di aborto farmacologico con la RU486, che di fatto riduce al minimo l’assistenza ospedaliera (nel 2010 erano previsti 3 giorni di ricovero), lasciando ora la donna (nella fase espulsiva del feto) abortire da sola in casa, hanno una base di disumanità che colpisce chi conosce la terribile solitudine, le mille paure delle donne in un momento così delicato e pericoloso per la loro salute. Ovunque nel mondo si spinge in questa direzione banalizzante il problema dell’aborto. Si vuole ignorare la sofferenza interiore delle donne per insegnare loro che far morire una creatura non è un problema, è anzi una banalità, uno scarto da eliminare con lo sciacquone del water?
Ma allora quanto vale una vita nella società postmoderna? Mi sembra di intravedere la risposta nella cultura del relativismo, che domina haimè anche la nostra politica: “Dipende. Se lo desideri e vuoi tenere il bambino, vale tanto (per te) ma se non lo vuoi, se non ci tieni o non ritieni che sia il momento di diventare madre, non vale più nulla e puoi sbarazzartene con due pillole, come si fa per un mal di testa.”
Fin da piccola, a ogni giovane donna questa nostra società dice di avere il diritto di scegliere se fare vivere o morire il suo bambino perché ella è donna libera e la sua decisione sovrana. Come se il solo fatto di essere donna, le garantisca il potere di vita o di morte sul proprio concepito. Come se il padre non avesse nulla a che vedere con la sua gravidanza. Il massimo della illogicità, dell’ingiustizia e della crudeltà. E’ questo un pensare anche contro la verità biologica della fecondazione e contro l’uomo stesso, il padre, il quale diventa un puro strumento senz’anima, un personaggio ininfluente nella presa delle decisioni e perciò purtroppo anche nella vita in generale.
Tutta la responsabilità di una vita nelle mani di una donna, non è troppo? L’aborto rappresenta in verità un trauma a livello psichico, sempre più donne ne parlano e si raccontano affinché altre donne non caschino nella trappola della pseudo-libertà.
Dal Monte Taigeto alla pillola per abortire
Quanti sono stati finora i bambini abortiti nel mondo? Quanti piccoli esseri umani sono stati sacrificati per delle “idee” o vantaggi economici? Un’infinità di piccole vite non nate poiché l’aborto è oggi la prima causa di morte nel mondo. I bambini un tempo non contavano molto. Diventavano interessanti solo quando potevano rendersi utili e far guadagnare qualcosa alla famiglia. I figli che davano fastidio, che creavano vergogna, venivano allontanati, anche eliminati in qualche modo. Si narra che nell’antica Sparta, i bambini che disturbavano perché imperfetti, venissero gettati da una rupe del Monte Taigeto. Durante il Nazismo, un milione e mezzo di bambini vennero eliminati. Su tutti rimane l’esempio di amore di Janusz Korczak, il medico pedagogo polacco, che avrebbe potuto salvarsi dal campo di concentramento ma per amore dei piccoli dell’orfanotrofio preferì rimanere, far loro coraggio e morire insieme a loro.
Quanto vale una vita? Poco più di niente, solo l’ingranaggio di una macchina
L’aborto non potrà mai essere considerato un diritto perché nessuno ha il diritto di vita o di morte di un proprio fratello. Guai all’uomo e alla donna che perde la ragione, che non sa più pensare e si crede Dio perché per costoro si aprono soltanto le porte della malattia mentale.
Che sia questo il fine della strategia mondiale degli Stati favorevoli all’aborto nel mondo? Dunque non solo risparmi per le spese sanitarie e guadagni colossali per le case farmaceutiche ma un nuovo sistema totalitario che toglie l’anima agli uomini e alle donne. Così si esprime Hannah Harendt in Le origini del totalitarismo (1951), attraverso le parole di Costantino Esposito: “A differenza delle tirannie dell’antichità o dei sistemi dispotici della modernità, i totalitarismi contemporanei hanno come carattere distintivo, quello di “eliminare il pensiero”. Non si limitano cioè ad una privazione della libertà, o ad una forma di controllo sui corpi, ma sono un vero e proprio smantellamento della “memoria dell’inizio”; del fatto che ciascuno di noi è inizio, e quindi possibilità di novità, di vera libertà… La ricaduta esistenziale e anche psicologica di ciò è molto significativa: non soltanto le vittime, infatti, ma anche i carnefici dovranno auto convincersi che la loro esistenza al mondo è superflua. Dovranno concepirsi, cioè, come i pezzi di una macchina, sostituibili ed interscambiabili in ogni momento. È questo il grande potere della privazione della memoria della nascita: trasformare ciascuno di noi in qualcosa che potrebbe benissimo non esserci o essere rimpiazzato da qualcos’altro.”
L’amore è unione e un bambino è amore
Ascoltiamo ancora il fisico Enrico Medi, parlare dell’amore: “Non c’è amore che, alla fine, non prenda unione: l’unione d’amore. Occorre una sintesi. Noi formiamo la fotosintesi. Questa unione è però unione di anime. Non è l’unione nella quale scompaiono i due esseri così che sembrino più non essere. Né essi chiudono un ciclo dal quale non si esce più. Se questo fosse il fine e la conclusione ultima dell’amore, l’amore non sarebbe la vita. Invece l’amore è la vita, è la generazione della vita. Dall’unione deriva la fecondità. La fecondità moltiplica, genera; direi, se potesse, creerebbe: è quasi un creato. Ecco la filosofia dell’amore: fredda, compassata.”
No, la donna non è un Padre Eterno che può decidere della vita o della morte della sua creatura. La donna è creatura di Dio, a sua volta, è figlia di Dio. Quando rimane incinta, riceve un dono inestimabile, un essere umano da accudire e far crescere con senso di responsabilità, da amare totalmente e donare al futuro della vita del mondo.
E noi, volontari dei Centri di Aiuto alla Vita, siamo qui per aiutarti, in ogni momento, a non rinunciare alla gioia di avere un bambino, tutto tuo.