Cos’è un bambino?

Un bambino è la più grande espressione dell’amore che esista; il neonato infatti è l’esito meraviglioso di un gesto umano, un abbraccio di fusione, che è stato concepito, nella sua natura biologica, per la generazione di una nuova vita. L’amore è l’ingrediente principale che fa scattare il desiderio naturale di fusione delle anime innamorate di un uomo e di una donna. Una volontà di amore autentico tra innamorati ha bisogno di una base valoriale di spessore sulla quale costruire progetti, vivere ideali e generare figli. Pertanto, è l’amore unito alla volontà d’impegnarsi in una relazione stabile e duratura che consentono di realizzare insieme il sogno di diventare una famiglia, progetto ambizioso, autentica risorsa sociale, bene comune per la società.

L’attrazione istintiva dei corpi o quella legata a fini egoistici non rappresentano una base sufficiente per l’amore vero. Infatti, nella qualità dell’amore conta anche la motivazione. La spinta al possesso dell’altro, ad averne l’amore e le sue attenzioni, è sovente dettata da superficialità, narcisismo o da “dipendenza affettiva”. Nel caso poi della giovane età, l’immaturità del sentimento affettivo è spesso talmente grande da non riuscire a comprendere razionalmente la gravità, le implicazioni psicologiche e i rischi di una relazione sessuale occasionale. Per non parlare del carattere aggressivo, dello scarso autodominio, dell’ira o della furia devastante del raptus che impongono all’altro di cedere alla violenza sessuale, attraverso la prepotenza e la bestialità.

Il bambino che nasce da violenza

La vita ha sempre valore, anche se frutto di violenza. Quando una nuova creatura è stato concepita nella violenza sessuale e non nell’amore reciproco, ha comunque sempre diritto all’esistenza perché la vita pulsa già nelle sue vene. Il dono della vita infatti è già stato dato, nonostante le condizioni sfavorevoli. Quando la vita s’impone, deve essere innanzitutto rispettata, un tipo di rispetto che riflette da un lato la gratitudine per il dono ricevuto, dall’altro la consapevolezza della missione educativa dell’essere genitori. Un rispetto fatto di grande attenzione ai bisogni del bambino nel corso della sua crescita; secondo criteri educativi nuovi, come nel respectful parenting che guida alla crescita senza aggressività o superficialità.

Quando il figlio invece non giunge, nonostante l’amore sincero, i sentimenti che sopraggiungono non sono solo di delusione o di rabbia ma talvolta di vero e proprio dolore. Il desiderio di un figlio è un bisogno naturale della maturità affettiva e quando non si riesce a generare, sentimenti di tristezza, di malinconia, di vuoto ed il senso di inadeguatezza prendono facilmente il sopravvento. Ci si tormenta chiedendosi il perché di una tale ingiustizia, ci si può “fissare” sulla mancanza di un bambino e invidiare le coppie più fortunate, alimentando il malessere interiore e il disagio sociale; ci si può ammalare nella psiche per il vuoto che lascia nell’anima la mancata genitorialità. Giunge allora in soccorso l’adozione che può rendere genitori nell’anima e nella vita, finalmente.

Il bambino rappresenta l’amore di Dio per l’uomo

Per capire l’amore, che il bambino racchiude in sé, dobbiamo pensare all’amore più grande che esista, quello divino. Pensiamo a Dio onnipotente, che non vuole mostrare la sua potenza obbligando l’uomo ad adorarlo ma, proprio perché capace di vero amore, si “propone” all’uomo con rispetto assoluto. L’amore di Dio ha creato l’universo ed in esso la nostra stessa vita sulla terra, tra miliardi di galassie! Questo amore divino generativo ha anche donato a ciascuno dei viventi la singola vita; un bene infinitamente prezioso per l’unicità, la singolarità irripetibile di ogni essere umano. L’unicità inoltre rimane assoluta per tutta la vita per via dello sviluppo e del cambiamento imprevedibile di ciascuno. Infine, la superiorità della vita umana è legata anche al possesso di se stessi, nel senso della consapevolezza di sé, presente nel libero arbitrio, che è infatti libertà di scelta e coscienza di sé e della propria realtà.

Pertanto, la persona è indubbiamente sostanza spirituale che comanda e trascende al tempo stesso la propria corporeità. Diciamo “persone” e non solo uomini e donne perché con il termine persona s’intendono due entità diverse e unite in modo indissolubile: il corpo e l’anima, ovvero materia e forma, che Aristotele, nonostante il suo ateismo già riconosceva e definiva sinolo. La persona è un concetto antico: “ogni essere sussistente dalla natura razionale o intellettuale, è persona” (S. Tommaso) e moderno al tempo stesso: la persona è qualcuno con un proprio “io”, una forma perfetta di sostanza e di individualità. L’uomo è la più grande meraviglia della natura e il suo valore è inestimabile.

Corporeità e sentimento: un mistero

La persona è anche corporeità, o meglio, è persona incarnata: ha un corpo ed è un corpo, non un corpo qualunque ma quello di una persona. Il corpo è attratto dall’esteriorità dell’amore: un volto, una forma estetica, un comportamento espressione della personalità con le sue originalità di tratto. L’anima invece si dirige, come una calamita, verso la qualità di ciò che riconosce come bellezza: autenticità, verità, innocenza, generosità e molte altre qualità dell’essere autenticamente espressione di amore. Tuttavia, è sempre il corpo ad esprimere attraverso la gestualità i vari sentimenti. Il rapporto tra la persona ed il suo corpo comporta qualcosa di misterioso che non riusciamo ancora a spiegare. Il corpo esprime l’interiorità ma l’Io al tempo stesso la trascende. La questione bioetica inizia da qui, dal mistero della persona, che è corpo ma contemporaneamente altro, è materia e spirito. Sappiamo quando finisce la materia ma lo spirito?

 

L’amore porta naturalmente all’unione generativa, alla fusione di corpi e di anime; perciò Dio, nel suo essere amore sublime, dopo averci fatto il dono della vita, vuole andare oltre nella sua generosità per unirsi ancor di più alle sue creature, per “condividerne” l’umanità fino in fondo nell’amore e nel dolore, attraverso l’Incarnazione del Figlio Gesù, Amore assoluto.

Anno Santo 2025: la speranza non delude

La vita è una cosa meravigliosa così ricca di attimi fuggenti, sempre nuovi ad ogni istante, in cui noi tutti cresciamo e ci evolviamo. In questo momento, in questi giorni di festa, abbiamo la fortuna di essere vivi e di poterci aprire al nuovo anno. L’esperienza ci fa dire che nella vita, di anno in anno, ci attendono nuove scoperte, conoscenze, meraviglie, gioie e dolori. Sì, anche sofferenze, che però ci fanno crescere e maturare. Lo stesso può dirsi degli errori e delle mancanze, che se capitalizzati, faranno sì che la vita stessa diventi la grande maestra.

Alle nazioni succede quello che capita agli uomini; la storia ci insegna che se l’errore non verrà compreso e corretto, tenderà a ripetersi nel tempo e la nazione non evolverà, non migliorerà elevando la qualità della vita della propria gente. La guerra e la morte trionferanno là dove mancherà l’amore che è perdono, pace e bene.

L’anno Santo che abbiamo davanti offre agli  uomini e alle nazioni una nuova opportunità di redenzione con la possibilità di andare più a fondo nella propria spiritualità. Spes non confundit è il titolo della lettera del Papa e rappresenta un invito a non perdere la speranza nonostante la fatica, il dolore a livello personale e del mondo intero. L’umiltà del cuore è necessaria per chiedere perdono a Dio e per “ricominciare”. La ricerca della felicità nella propria vita e la ricerca del bene comune nella società saranno possibili ripartendo da basi nuove, quelle indicate dal Signore Gesù, il Salvatore: “Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” Giovanni 14-6.

Buon Anno 2025 a tutti i nostri cari lettori!

Susanna Primavera