La gravidanza è un privilegio tutto femminile, dono esclusivo della donna, momento spesso atteso con trepidazione dalle ragazze. Non per tutte, però. Può capitare che la fertilità, invece di essere vista come una ricchezza, sia vista come un problema e il bambino che arriva inaspettato come un intralcio e una brutta sorpresa.
È purtroppo l’esperienza di molte ragazze, anche giovani, che spesso, in preda al panico e mal consigliate, arrivano a prendere una decisione che poi le segnerà per sempre.
” Perché nessuno mi ha aiutata?” “ Perché nessuno mi ha detto che c’era la possibilità di un sostegno economico?”
Queste le domande ricorrenti, che vengono poste a noi volontarie per la vita.
“ Se avessi saputo del Progetto Gemma, non avrei abortito”. I problemi di carattere economico sono la più frequente causa della interruzione volontaria di gravidanza.
Pensare che un piccolo non veda la luce per motivi che, con l’aiuto delle associazioni di volontariato, sarebbero facilmente superabili, è davvero raccapricciante. Il danaro causa di morte. Forse questo è l’atto più palese del fallimento di una società evoluta: non essere presente per aiutare i soggetti fragili nel momento di necessità.
“Perché il medico non mi ha spiegato? Aveva fretta di
firmarmi il certificato, così mi hanno mandata immediatamente in ospedale”
Frequenti purtroppo, sui nostri canali di comunicazione, i messaggi di rimpianto e di dolore da parte delle donne che hanno abortito, ma anche di rabbia:
La legge 194, all’articolo 2 comma d, cita testualmente: (…) d) contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza .
Questo punto fondamentale viene davvero applicato, o si può presumere che ci sia una burocratizzazione delle procedure di anamnesi che precedono l’aborto?
Se la legge prevede che la donna venga aiutata, significa che l’aborto non è l’unica strada percorribile. Significa che non c’è necessariamente un automatismo tra la richiesta della donna e l’atto formale del medico che firma per l’interruzione di gravidanza.
In molti ospedali, a Varese ma anche altrove sul territorio nazionale, è attivo uno sportello pronto ad accogliere le donne che hanno già il certificato per l’aborto. Durante il colloquio le volontarie espongono le proposte alternative per aiutare la mamma a tenersi il suo bambino: un accompagnamento che può durare anche dopo la nascita del piccolo fino al compimento del primo anno e oltre. La mamma che rinuncia alla IVG non si pente mai della propria scelta.
” Mi sono fatta convincere da mia madre…dalla famiglia del mio ragazzo… dalla mia amica”
I “ buoni consigli” che vanno a caricarsi sull’anima e sul corpo di una donna, sola, perché questo è il vero problema: la solitudine.
Tocca poi a noi, volontarie per la vita, raccogliere i “ cocci” della persona frantumata dal dolore. Quanti pianti, quanta tristezza abbiamo condiviso negli anni!
Cosa possiamo fare? Diffondere la buona notizia della vita, del sostegno della mamma in attesa, che noi non lasciamo mai sola.
Quando però arriva il momento del parto, finalmente tutti i dolori, le angosce, i dubbi, si dissolvono! Il bimbo appare in tutto il suo splendore e la mamma improvvisamente scopre la meraviglia della sua vita.
Anche in questo momento le volontarie del Movimento e Centro di aiuto alla Vita di Varese sono pronte ad aiutare la nuova “famiglia” a compiere i primi passi.
“Ho abortito e sto malissimo. Se avessi saputo non l’avrei fatto”
Queste le parole di tante donne che soffrono per anni dopo la IVG, anche con Pillola RU486. Vale per tutte la tremenda testimonianza di Natascia, il cui video di dolore e angoscia ha fatto il giro del web. È possibile vedere il video e leggere l’articolo qui(aborto a domicilio,agghiacciante testi di una giovane donna) .
Come può aiutarti il Movimento e Centro di aiuto alla Vita
Mille le possibilità di aiuto: in danaro, in vestitini, pannolini, latte in polvere, carrozzine e seggiolini…tutto ciò che può servire per accompagnare la donna durante la gravidanza, perché viva serenamente e con gioia un momento unico nella sua vita.
Ma aiutare vuol dire anche esserci, in solidarietà e amicizia. Le volontarie sono donne, spesso mamme anche loro, professioniste, competenti e capaci di entrare in empatia con la mamma che ha bisogno. E sono legate al segreto professionale.
Si può contattare il Movimento e Centro di aiuto alla vita di Varese, o telefonando o scrivendo sulla chat. Senz’altro qualcuno sarà pronto a rispondere.
Non sei sola!