Il valore della famiglia formata da un uomo e da una donna

Negli ultimi vent’anni, non solo in Italia e di certo in tutta Europa, la famiglia ha cambiato la fisionomia che aveva nel secolo scorso. Quella che un tempo era considerata la cellula-base della società, una piccola comunità stabile e generativa, è diventata, anche dal punto di vista legislativo, qualcosa di essenzialmente “privato”. Oggi viene identificata con una realtà non ben specificata, in cui “una persona si prende cura di un’altra persona”.

Il sociologo Pierpaolo Donati nel suo libro “Il genoma che fa vivere la società” esprime l’importanza della famiglia, quella costituita da un uomo e una donna, per il futuro della società: è il carattere “duale” della comune umanità a dare slancio e dinamismo alla “coppia generativa”. Tale coppia è cosa differente dalla “coppia aggregativa”, quella delle convivenze libere sia etero che omo. La famiglia “uni-gender” infatti annulla i requisiti fondamentali del ricambio generazionale, il fatto cioè che

– la procreazione umana sia l’espressione della relazione interpersonale fra i genitori del bambino

il figlio sia riconosciuto come frutto di questa relazione

i genitori attivino una responsabilità educativa nei suoi confronti

Diversamente, prosegue Donati, il futuro vedrà scomporre il DNA, mutandole radicalmente il genoma.  Le nuove generazioni vedranno forme imprecisate di trans-umanità o di modelli iper-umani, determinati da organismi cibernetici.

Reciprocamente legati nella differenza, in famiglia uomo e donna si realizzano pienamente

Se è vero che la famiglia ha subìto nel tempo varie trasformazioni, è anche vero che essa rimane una realtà essenziale per la società, come ricchezza di capitale umano. Per la coppia la famiglia consente la realizzazione di un importante “Progetto di vita” che punta alla felicità dei suoi membri. La famiglia si sviluppa, cambia nel tempo ed è pertanto una realtà dinamica e in continua evoluzione. Attraversa infatti varie fasi, opportunità di sviluppo, di crescita personale e di coppia: dai primi tempi con i bambini piccoli, alla maturità con i figli adolescenti. Segue un tempo di maturità che vede il distacco dei figli e il loro ingresso in pienezza nel mondo. Nel tempo del diventare nonni, si raccolgono i frutti della famiglia creata a suo tempo.

La famiglia rappresenta pertanto l’ambito privilegiato di crescita dei suoi membri, uniti e protetti, man mano che il tempo della vita si consuma. Le responsabilità e le vicissitudini della vita che impegnano i genitori sono importanti e non semplici da attraversare. Basti pensare al compito di sostentamento e alla difficoltà di trovare e mantenere un lavoro, alla casa e all’educazione. Tale compito educativo spetta fin dall’inizio ai genitori. Solo in un secondo tempo verranno coinvolti in tema educativo anche la scuola, lo sport, gli oratori, i gruppi giovanili. Proprio per questo compito principe di educazione, la stabilità della famiglia nel tempo è un requisito essenziale.

Sappiamo dell’importanza della figura materna: lo stile di relazione, di “cura” della mamma lascerà un’impronta per sempre nella personalità del figlio. Tuttavia, anche il padre è essenziale per la crescita del bambino e la sua figura s’imprime nel figlio fin da piccolo. Il padre rappresenta per la madre non solo un compagno ma “il padre” del proprio figlio, nato dal loro reciproco amore. Il padre è colui che ha contribuito per la metà del patrimonio genetico del figlio; l’altra metà è della madre. Con un uomo al suo fianco, una donna non si sente sola nella gestione della creatura. È pur vero che all’inizio, a lei è riservato il compito più pesante con la gestazione e l’allattamento. La capacità di un uomo di saper stare accanto alla donna in certi frangenti, la rende più serena e sigilla il loro legame fin dall’inizio. Molto importante è l’attenzione che lui le riserva perché “si preoccupa” per lei, la vicinanza e l’aiuto spesso concreto che riesce a darle. Quando una donna si sente supportata in un momento così delicato, è piena di gratitudine e si sente veramente bene “in coppia”; la famiglia si avvia su buone basi.

Come mai le cose non vanno sempre in questo modo così lineare?

Perché spesso la famiglia, pur essendo centrale per la realizzazione di sogni di felicità, diventa invece ambito circoscritto di tensioni? Perché l’amore e la tenerezza vengono sostituiti da sgarbi, offese e violenze?

Il problema non è “la famiglia” in sé; il vero  problema sono i nodi non risolti nelle personalità dell’uomo e della donna

Man mano che il bambino cresce, i genitori si rendono conto che educare un figlio non è compito facile.  In un certo qual modo, possono acculturarsi leggendo molto, facendosi consigliare da amici più maturi, da esperti. L’importante è di non chiudersi, non bloccarsi dentro alle difficoltà ma aprirsi e chiedere aiuto. Quando la famiglia si chiude alle relazioni, si spegne. Genitori iperprotettivi che sono sempre in ansia, che temono ogni pericolo, rappresentano un freno per l’autonomia del figlio e la sua crescita equilibrata. Dal bambino che rimane troppo a lungo nel “lettone” alla paura di lasciarlo andare in vacanza da solo, gli errori commessi in termini educativi non si contano. Le scelte legate all’educazione devono essere prese insieme, concordate e condivise. Solo se entrambi i genitori sapranno mantenere fede ai loro propositi educativi, i figli li vedranno uniti e accetteranno le loro regole.

Padri e madri violenti sono stati figli infelici

Quando in una famiglia si perde l’amore e arriva la violenza, spesso legata alla povertà o ad una dipendenza (alcool o sostanze), essa diventa “fragile”. I rapporti familiari si trasformano in relazioni di dominio e di sfruttamento. Le personalità dei genitori sono disturbate da uno squilibrio interno alla psiche. Spesso chi non sa dominare abbastanza la propria irrequietezza, irruenza ed impulsività, manifesta tutta la sua eccessiva emotività. Mancano infatti la calma e la lucidità per gestire in modo razionale ed equilibrato le relazioni interpersonali sia con il partner sia con i figli. In questo periodo di Quarantena, di lockdown, se molti hanno “riscoperto” il piacere di stare insieme in famiglia, in modo semplice e spontaneo, molti altri hanno fatto fatica a stare così vicini e purtroppo non sono mancati i casi di intolleranza e di nuovo di violenza domestica.

E’ vero che la violenza talvolta può essere subdola e psicologica. Una madre “manipolatrice” o “dominante” che vuole controllare la vita dei figli ne condiziona la crescita e compromette il loro equilibrio, li rende insicuri e pieni di rabbia. Talvolta il suo egoismo è tale da trasformare la relazione in un incubo per il bambino che non ha scelta: vuole l’amore della mamma ma la teme. Sente di doversi sottomettere, ubbidirle ma nello stesso tempo si sente combattuto e vorrebbe scappare. Non è questa una forma di violenza psicologica sull’altro? L’amore di una madre dovrebbe essere sempre “incondizionato” e non posto a condizioni: “Se fai questo, sei un bravo bambino e la mamma ti vuole bene”. Come disse lo psicanalista Bruno Bettelheim (“Un genitore quasi perfetto“): una mamma “sufficientemente buona” non pretende la perfezione da parte del figlio. Ciò significa essere una madre tollerante e paziente. Non una madre perfetta ma discreta, che concede autonomia perché si fida.

I padri possono avere varie mancanze e, tra le più frequenti, il “non esserci”. Sono padri inconsciamente insoddisfatti di se stessi che sfuggono al rapporto. Questi uomini hanno spesso paura di “diventare grandi”, di assumersi delle responsabilità. Spesso “non ci sanno fare” con i bambini e non si curano di loro. Alcuni sono eccessivamente presi dal loro lavoro e non hanno tempo da dedicare ai propri figli.

Quando un uomo non è autorevole, non ha carattere né forza interiore,  tende ad avere un rapporto con i figli molto debole,  basato esclusivamente sul gioco. In famiglia cerca di non dare fastidio a nessuno dando ragione a chi la vuole e facendo decidere gli altri, magari la moglie.

Se un uomo è cresciuto in un ambiente in cui il proprio padre era brusco e violento, di poche parole ma di mano lesta, incapace di avere un vero rapporto con i figli, anch’egli tenderà inconsapevolmente a ripetere questo “esempio” negativo. Solo attraverso un percorso psicologico di acquisizione di consapevolezza del proprio vissuto, egli potrà “ripartire” più libero e mettere in atto comportamenti nuovi, più aderenti alla propria personalità e visione del mondo.

Può capitare che un uomo sia cresciuto con un padre narcisista, troppo centrato su se stesso e non veramente interessato ai suoi bisogni. I giovani in generale hanno invece un disperato bisogno di attenzione e di incoraggiamento da parte dei propri genitori. Le continue critiche e le umiliazioni porteranno invece ad uno scontento interiore, a “complessi” che un domani chiederanno un riscatto alla società.

Quando ad una giovane è mancato l’amore premuroso del padre e questi non l’ha valorizzata, ella potrebbe cercare l’amore di un ragazzo molto presto, senza “conoscere” il mondo maschile. Una donna ha bisogno dello “sguardo” del padre su di sé, uno sguardo di apprezzamento discreto che le dia sicurezza nel sentirsi donna.

Dalla violenza alla tenerezza con Papa Francesco

La violenza domestica è una realtà di oggi, forse di sempre. La violenza più terribile è l’abuso dei propri figli, nipoti.. Un bambino o una bambina che sono stati abusati hanno vissuto un trauma che li farà in un certo senso   “impazzire” e che li porterà a grandi sofferenze e disturbi di personalità. Per un bambino, questo è il più grande dei tradimenti affettivi.

A cosa serve la forza di un uomo se non a proteggere quanti sono stati a lui affidati? Colui che non ha capito questo concetto, avrà dei conflitti con la propria virilità. La forza contraddistingue il genere maschile e andrebbe canalizzata, durante l’adolescenza, verso la prestanza e la resistenza fisica. Ma la forza in un uomo deve essere anche di carattere. Un’energia non violenta, creativa, costruttiva e mai distruttiva.

Un uomo deve essere capace di tenerezza che implica rispetto e comprensione. Una donna cerca questa tenerezza che porta amore, unione, consolazione. La tenerezza è una delicatezza di tratto, è indifesa umiltà, è una carezza.

Infine, è indispensabile nella coppia saper chiedere scusa. Papa Francesco ha sottolineato quanto siano importanti le tre parole: “permesso”, “grazie” e “scusa”. In tre parole egli ha condensato uno stile di relazione interpersonale vincente. La discrezione viene per prima perché non si vuole dominare nessuno ma rispettare invece la libertà degli altri. Saper ringraziare rappresenta la reciprocità nei rapporti che non sono a senso unico ma fatti di scambi. Saper dire grazie, rimanda all’altro il messaggio che “abbiamo apprezzato quello che lui ha fatto”. Un grazie detto con sincerità lascia dietro di sé il sorriso. Chiedere scusa per i propri errori, e se ne fanno tanti nel tempo, è non solo eticamente corretto ma è un modo di sottolineare la nostra considerazione verso l’altro.

La famiglia resta quindi l’ambito più adatto per “crescere” come coppia e per far crescere i propri figli. È perciò anche un progetto a lunga scadenza: stabile, impegnativo e ambizioso. Metodologicamente, per prima cosa vanno sciolti i nodi di conflitti psicologici non risolti e che ci trasciniamo probabilmente dall’infanzia (gli orientali lo chiamano Karma). La famiglia si farà, consapevoli che la soddisfazione, in termini di gioia profonda, sarà direttamente proporzionale alla fatica profusa.

Susanna Primavera