“L’amore non è un sentimento” può apparire un’affermazione paradossale ma, se si parte da questo assunto, si può capire molto di alcuni fraintendimenti del nostro tempo.
Al giorno d’oggi il matrimonio sembra una istituzione anacronistica.
Le persone – si dice – sono libere di scegliere chi sposare, se sposarsi ma, soprattutto, sono libere di interrompere il matrimonio. Eppure la Chiesa continua a pretendere che il matrimonio sia «per sempre», come se vivessimo ancora nel Medioevo. Come può, l’amore, essere «per sempre»?
L’amore è “per sempre”?
Questa stessa domanda è stata posta a papa Benedetto XVI qualche anno fa, in occasione del VII Incontro Mondiale delle Famiglie che si è tenuto a Bresso nel giugno 2012 (leggi qui il testo integrale dell’intervento di Sua Santità Benedetto XVI). A chiedere lumi è stata una coppia di fidanzati malgasci, che si è rivolta al papa con queste parole: «Ci sentiamo fatti l’uno per l’altro; per questo vogliamo sposarci e costruire un futuro insieme. Vogliamo anche che ogni aspetto della nostra vita sia orientato dai valori del Vangelo. Ma parlando di matrimonio, Santità, c’è una parola che più d’ogni altra ci attrae e allo stesso tempo ci spaventa: il “per sempre”…».
Amore è…ragione, sentimento, volontà
Ecco la risposta di Benedetto XVI.
[…] conosciamo il «mariage coutumier» dell’Africa e il matrimonio occidentale. Anche in Europa, per dire la verità, fino all’Ottocento, c’era un altro modello di matrimonio dominante, come adesso: spesso il matrimonio era in realtà un contratto tra clan, dove si cercava di conservare il clan, di aprire il futuro, di difendere le proprietà, eccetera. Si cercava l’uno per l’altro da parte del clan, sperando che fossero adatti l’uno all’altro. Così era in parte anche nei nostri paesi. Io mi ricordo che in un piccolo paese, nel quale sono andato a scuola, era in gran parte ancora così. Ma poi, dall’Ottocento, segue l’emancipazione dell’individuo, la libertà della persona, e il matrimonio non è più basato sulla volontà di altri, ma sulla propria scelta; precede l’innamoramento, diventa poi fidanzamento e quindi matrimonio. In quel tempo tutti eravamo convinti che questo fosse l’unico modello giusto e che l’amore di per sé garantisse il «sempre», perché l’amore è assoluto, vuole tutto e quindi anche la totalità del tempo: è «per sempre». Purtroppo, la realtà non era così: si vede che l’innamoramento è bello, ma forse non sempre perpetuo, così come è il sentimento: non rimane per sempre.
Quindi, si vede che il passaggio dall’innamoramento al fidanzamento e poi al matrimonio esige diverse decisioni, esperienze interiori. Come ho detto, è bello questo sentimento dell’amore, ma deve essere purificato, deve andare in un cammino di discernimento, cioè devono entrare anche la ragione e la volontà; devono unirsi ragione, sentimento e volontà. Nel Rito del Matrimonio, la Chiesa non dice: «Sei innamorato?», ma «Vuoi», «Sei deciso». Cioè: l’innamoramento deve divenire vero amore coinvolgendo la volontà e la ragione in un cammino, che è quello del fidanzamento, di purificazione, di più grande profondità, così che realmente tutto l’uomo, con tutte le sue capacità, con il discernimento della ragione, la forza di volontà, dice: «Sì, questa è la mia vita». Io penso spesso alle nozze di Cana. Il primo vino è bellissimo: è l’innamoramento. Ma non dura fino alla fine: deve venire un secondo vino, cioè deve fermentare e crescere, maturare. Un amore definitivo che diventi realmente «secondo vino» è più bello, migliore del primo vino. E questo dobbiamo cercare.
Amore è…volere il bene dell’altro
Questa risposta è capitale: «Nel Rito del Matrimonio, la Chiesa non dice: “Sei innamorato?”, ma “Vuoi”». Cosa significa? Non è forse l’amore, il fondamento del matrimonio? Certo, ma… cos’è l’amore?
Amore significa «voler bene», cioè «volere il bene dell’altro». Volere. È quindi una decisione libera e razionale, una scelta. Non un sentimento, un’emozione.
Il problema è che i media ci hanno indotto a confondere amore e innamoramento. Il primo è una decisione, il secondo un sentimento; il primo cerca il bene dell’altro, il secondo il mio bene.
Amore e innamoramento
Sposarsi perché innamorati significa affidare la propria vita ad un’emozione, un sentimento, che per sua natura è fuggevole ed effimero. Non ha senso sposarsi perché innamorati e pretendere che sia «per sempre».
Sposarsi per amore significa, invece, decidere lucidamente, razionalmente e liberamente di dedicare la propria vita per il bene dell’altro. Una decisione di tal genere può essere «per sempre».
Certo, non sempre è facile cercare il bene dell’altro. Lo scopo del matrimonio è proprio questo: aiutare le persone a restare fedeli al proprio proposito. Il matrimonio è una promessa; e le promesse si fanno per quando le cose vanno male, non per quando vanno bene.
Ecco perché la pretesa della Chiesa che il matrimonio sia «per sempre» è fondata. Perché l’amore non è un sentimento.(leggi qui l’enciclica di Sua Santità Benedetto XVI sull’amore, “Deus caritas est”)
Roberto Marchesini, psicologo e psicoterapeuta, lavora come consulente e formatore e terapeuta.
È collaboratore de “Il Timone”, per il quale ha tenuto un corso di “genere” nell’ambito della Scuola di Apologetica.
Ha collaborato al fascicolo ” ABC per capire l’omosessualità”, curato il testo “Psicologia e Cattolicesimo” e pubblicato diversi volumi sul tema della sessualità: “Come scegliere il proprio orientamento sessuale (o vivere felici), L’identità di genere, Quello che gli uomini non dicono, Omosessualità e Magistero della Chiesa, Amore e Sessualità la teologia del corpo di G.P. II oltre a diversi romanzi come Martirio nel Santuario, Codice cavalleresco e ultimamente Il paese più straziato del mondo.
È venuto a Varese due volte invitato dalle associazioni Insieme per la Vita.