Legge 194: 40 anni dopo, il vento è cambiato
In effetti, 40 anni è un tempo della storia abbastanza lungo da poter svelare la verità di una legge che nel lontano 1978 passò come trionfo della sinistra e dei radicali quale emblema di moderna conquista di libertà di scelta della donna, segno di emancipazione e di indipendenza, anche dall’uomo.
Ma quale indipendenza ci può essere se il figlio è dell’uomo e della donna, se metà del suo patrimonio genetico è della madre e metà del padre. Quale emancipazione rappresenta la licenza di uccidere la propria creatura? Per non essere condannate e giudicate, dobbiamo uccidere i nostri figli indesiderati o non opportuni o addirittura malati, disabili?
Una donna non si può liberare con l’aborto. Le donne sono state ingannate, portate a sottovalutare la gravità dell’IVG in quanto si diceva che l’embrione era solo “un grumo di cellule”: la verità è invece che il cuore batte già a 16 giorni e che non possiamo più far finta di non sapere che la vita inizia dall’attimo stesso del concepimento. Ma la cosa più grave è che le donne sono state abbandonate alla solitudine e al loro dolore da ospedali e consultori che hanno avuto a cuore soprattutto la pratica dell’interruzione della gravidanza e disatteso la legge che, in particolare nella prima parte, prevedeva sostegno, assistenza, aiuto morale, sostegno psicologico nonché la ricerca di alternative all’aborto stesso. La verità che è emersa in questi 40 anni è che la ferita nel cuore di una donna per un aborto è indicibile e indelebile.
Una legge tabù dunque di cui fino a poco tempo fa non si poteva nemmeno parlare perché doveva combattere l’aborto clandestino, quello pericoloso senza sicurezza per la propria salute, e di cui si diceva che ogni anno le vittime erano 20.000 (cifre esibite nel 1971 dai socialisti al Senato e alla Camera in proposte e progetti di legge); ebbene anche per questo aspetto è finalmente emersa la verità: dall’ISTAT del 1956 ne erano morte 3.200. Oggi l’Istituto Superiore della Sanità parla di 15/20.000 all’anno, nonostante la legge in vigore…
Con questa legge in 40 anni abbiamo perso 6 milioni di vite, proprio mentre l’Italia sta morendo in quanto è a crescita ZERO, penultimo paese al mondo per natalità. Pensiamoci: perdendo le nascite piano piano tutto si ferma: lui e lei non diventando genitori e restano per sempre solo figli, la scuola chiude per mancanza di bambini, gli insegnanti perdono il lavoro, l’industria rallenta per mancanza di ricambio generazionale, i consumi e la produzione calano, restano solo i vecchi e malati… Quanto ci mancherà il sorriso dei bimbi, che sono la nostra vera forza, la nostra speranza di vita nuova, il futuro!
Un tempo disperse e timorose, oggi le associazioni a favore della vita sono sempre più numerose e più unite nel ribadire con voce più forte che la vita non si tocca, come indicano ad esempio i recenti manifesti giganti di Pro Vita affissi a Roma sulla verità della vita prenatale e prontamente fatti rimuovere dalla Raggi, e la campagna di Citizen Go sull’aborto come prima causa di femminicidio nel mondo, che ha comportato polemiche da parte del mondo femminista e dei sindacati… sono i colpi di coda di una mentalità mortifera che con estrema arroganza non rispetta nemmeno più la libertà di opinione e vuole mettere il bavaglio ai pro-life, come già avvenuto in Francia. Ma non l’avrà vinta perché il vento è cambiato: la vera emancipazione non sta di certo nella scelta di abortire la propria creatura!
Susanna Primavera