Un giudice donna, Martina Arrivi, spiega la legge di aborto, la 194 , ai microfoni di Rete 55, intervistata dal Direttore, dott. Matteo Inzaghi. Proponiamo integralmente l’approfondimento e poi alcune nostre riflessioni supportate dal parere di un legale.
La legge 194 non può essere spiegata in modo neutrale
Sembra che la presentazione fatta dalla Dott. Arrivi sia asettica e neutrale, ma in realtà non pensiamo sia davvero così: nella legge -lo ricordiamo -si parla di donne, bambini, uomini e forse bisognerebbe farlo presente agli spettatori. Se non si sottolinea che il soggetto di tutta la legge è l’essere umano, se si parla soltanto di articoli come si farebbe per il codice della strada, si rischia di non centrare il punto nodale della questione. Ricordiamo che nel nostro Paese la 194 è in vigore dal 1978 e ha eliminato più di 6.000.000 di bambini non nati ma vivi nel grembo materno (leggi qui il nostro articolo). Individuiamo i passaggi salienti dell’approfondimento proposto dalla emittente televisiva Rete 55 .
Aborto nei primi 90 giorni (leggi il testo della 194)
La dott. Arrivi sottolinea come all’articolo 4 si delimitino in modo stringente le possibilità di abortire concesse dalla legge 194 alla donna: motivi che comportino un serio pericolo per la salute fisica o psichica della madre derivante da condizioni cliniche della gestante o da gravi anomalie del feto, nonchè questioni economiche e sociali, ” il che consente di aprire le maglie dell’IVG“: cosa significa questa affermazione? Il giudice non lo spiega, proviamo ad azzardare noi un’ipotesi? In questo modo, forse, diventa possibile far rientrare nella casistica un po’ di tutto? Allora la legge che non era “ad arbitrium” della donna, lo sarebbe?…
Continuiamo: è previsto un periodo di riflessione ” per la donna, non da sola, ma in una struttura -consultorio, medico di fiducia…- che sono chiamati a far riflettere la donna” ; 7 sono i giorni di attesa dopo il primo certificato attestante la gravidanza e la volontà di abortire. Appena un cenno alle alternative previste per legge che aiutino la donna a superare le difficoltà in cui verserebbe: come mai? Peccato, perchè qui si gioca la possibilità della donna di essere aiutata: questa è davvero la parte della legge 194 più disattesa, quella che forse abbatterebbe le IVG: il lavoro silenzioso e determinante degli sportelli in Ospedale dei Movimenti e dei Centri di aiuto alla Vita in Italia (come quello di Varese) ha proprio lo scopo preventivo di evitare le IVG aiutando le donne a non essere sole, a rimuovere le cause della scelta di aborto. Il giudice non sa che questo articolo della legge è a vantaggio delle donne? Non si è neutrali e non si è oggettivi se si nascondono i (pochi) aspetti positivi di una legge.
Aborto chirurgico e farmacologico; pillola del giorno dopo
In Italia è possibile secondo la legge 194 interrompere la gravidanza sia con l’aborto chirurgico sia con la RU 486, la pillola abortiva diffusa ormai in tutto il mondo. Il giudice mostra però di avere le idee poco chiare sui tempi di effettuazione dell’aborto farmacologico, quando afferma che si può assumere solo “nelle prime settimane di gestazione“: 49 giorni non sembrano affatto essere solo poche settimane. Inoltre nessun riferimento al periodo di rilessione che, in questo caso, viene spesso bypassato. La dott. Allevi distingue la RU 486 dalla pillola del giorno dopo( leggi l’articolo sui vari metodi di aborto), che a suo dire “impedisce la fecondazione“. Forse il giudice non sa del possibile effetto abortivo della pillola del giorno dopo, scientificamente riconosciuto e dipendente dal momento del ciclo mestruale nel quale viene assunta.
Il potere del giudice quando si parla delle minorenni
Alla domanda del direttore se le minorenni possano abortire, la dott. Arrivi risponde riconoscendo la necessità del consenso dei genitori delle minorenni ma, anche, in caso di rifiuto dei genitori, la possibilità di ottenere l’auorizzazione all’aborto da parte del giudice (sarebbe stato utile sapere se venga mai negata questa autorizzazione). In casi di urgenza, poi, perfino il giudice può essere bypassato e la minorenne potrebbe richiedere l’IVG ed ottenerla comunque. Due osservazioni: 1) quando si parla di “grave pericolo per la salute della madre” bisognerebbe sapere che mai, ripetiamo “mai”, in condizione di gravidanza avanzata, l’aborto è la via preferibile rispetto al parto, perchè l’aborto richiede una lunga preparazione della donna, mentre il parto (cesareo) si effettua in tempi brevissimi. 2) Riteniamo che si sarebbe potuto osservare, a livello meramente informativo, che il giudice concede l’aborto anche all’insaputa dei genitori delle minorenni.
I diritti negati dalla legge 194: il padre non esiste.
Il dott. Inzaghi chiede se il padre del nascituro abbia diritto di opporsi all’interruzione di gravidanza ( che – ricordiamo – avrà come esito l’uccisione del proprio figlio). Si (ri)scopre così che l’uomo non ha nessun diritto, nè di opporsi, nè di sapere, nè di essere consultato, a meno che la donna non lo consenta. Ecco infatti cosa dice l’art. 5 : ” Il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall’incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della gestante, di esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto”.
I diritti negati dalla legge 194: il bambino è vita ma non è vita (?!)
La conclusione è davvero rocambolesca: Inzaghi chiede : “esiste un diritto del feto a diventare vita”? Prosegue poi con un’affermazione importante: “sappiamo che la scienza dice che il feto è vita dal concepimento, ma ha diritti dal punto di vista giuridico?”. La risposta del giudice è “No, nessun diritto, se non al momento della nascita“. Forse però il giudice non conosce la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che dice : “Tenendo presente che, come indicato nella Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo il fanciullo, a causa della sua mancanza di maturità fisica e intellettuale, necessita di una protezione e di cure particolari, ivi compresa una protezione legale appropriata, sia prima che dopo la nascita…”
In verità siamo di fronte ad un controsenso: “Figlio mio, sei vita ma non sei vita”!! Nella legge 194 vige ancora oggi una logica di riconoscimento del diritto alla vita che prescinde dal fatto di esistere. Infatti se non si è in grado di dire “voglio vivere” si è in balia della legge del più forte, unico potente dominus del bambino non nato: la donna. Che poi però, indipendentemente dalla legge, o a causa della legge, si ritrova sola con le conseguenze dolorose della sua scelta. (leggi i nostri articoli sulla depressione e sulla sofferenza del post aborto).
La legge 194 è contro la donna. Solo le associazioni pro vita sono a favore della donna
Purtroppo bisogna fare i conti con la realtà: la legge 194/78, oltre a causare la morte di tanti piccoli innocenti, crea delle ferite profonde nella donna che ha abortito. La legge 194 è contro la donna oltre che contro il bambino non nato; è anche contro il padre del quale cancella il ruolo. Contro la famiglia, contro la società tutta. E nel 2019, a 41 anni dalla sua approvazione, mostra tutti i suoi limiti. Basta guardare cosa sta accadendo negli Stati Uniti, dove un numero sempre maggiore di Stati limita progressivamente e in modo assolutamente restrittivo le possibilità di abortire. I tempi sono maturi per una vera analisi dei danni della legge e per una sua revisione.
Se si è in difficoltà per una gravidanza si possono contattare:
Movimento e Centro di aiuto alla vita di Varese
“Associazione difendere la vita con Maria“.
(articolo scritto con il supporto legale dell’Avv. Emiliano Ferri)