Un film che fa discutere
Ha fatto molto discutere il film Cuties della regista franco senegalese Maïmouna Doucouré, che per questo film ha ricevuto un riconoscimento al Sundance Film Festival 2020 dell’ Utah/United States Sundance Film Festival di febbraio 2020. L’articolo di Andrea Fagioli su Avvenire che esprime un giudizio sostanzialmente positivo di questo film è stato molto criticato e ne è scaturita una lunga polemica su Facebook. La giornalista Flavia Piccinini, sensibile sul tema dell’emancipazione della donna, e autrice del libro-denuncia Bellissime in cui svela il mondo che sta dietro le baby-Miss (Ed. Fandango), concorda sul fatto che i bambini di oggi sono vittime quotidiane di bombardamenti stereotipati in rete e dell’immagine di una donna ipersessualizzata.
La regista nell’intervista citata e che vediamo nella foto in cima a questo articolo, ha spiegato molto bene le ragioni che l’hanno spinta a fare questo film (già affrontate in parte nel film precedente Maman(s)). Ella racconta la propria crescita personale in una famiglia musulmana che dal Senegal emigrò in Francia. L’impatto con una cultura completamente diversa, il problema della poligamia, l’età difficile della pre-adolescenza, tra un infanzia spensierata e nuovi modelli di femminilità, le crearono grande disagio, confusione di idee circa la propria identità.
Culture ingiuste verso la donna
Il film racconta la storia di Amy, 11 anni, che si è da poco trasferita a Parigi con la mamma e i due fratellini e deve iniziare la prima media. Il padre è lontano ma un giorno torna a farsi vivo e annuncia alla madre con una telefonata di aver deciso di prendere una seconda moglie e di volersi sposare a breve. La madre ne soffre terribilmente ma, di fatto, non si ribella al marito. E’ devota a Dio e accetta qualunque cosa, nel bene e nel male. Amy scopre la novità, vede soffrire, perfino svenire un giorno, la madre. Capisce il dolore e la delusione materna mentre cova rabbia nei confronti del padre. A scuola incontra delle ragazzine che ballano Hip-hop e hanno creato un gruppo di danza. Sono vivaci, determinate, aggressive, acconciate con micro-abiti e piuttosto volgari ma ballano benissimo e, agli occhi sprovveduti e ingenui di Amy, sono affascinanti!
In rete c’è tutto
Un giorno ella sottrae un cellulare ad un ospite e scopre il mondo dei social media. In rete c’è tutto e impara a ballare velocemente ma presto scopre anche balli sempre più provocanti, che cerca di imitare e fare propri. Più sicura di sé, impara anche a truccarsi e a vestirsi come la moda del momento richiede. Quando si riprensenta a scuola, i compagni le fischiano dietro, talmente è diventata carina. Questi comportamenti le procurano successo anche sui social, dove riceve sempre più like, e poi nel gruppo di amiche ballerine che imparano da lei ad essere ancora più provocanti nei loro balletti e a desiderare di partecipare ad un concorso di ballo. Amy, pur di far vincere il suo gruppo di amiche, cerca ancora più consenso in rete attraverso i like e si spinge con incoscienza verso la pubblicazione di foto sempre più scabrose.
Alla ricerca dei Like
Ad un certo punto, il suo furto del cellulare viene scoperto e Amy deve restituirlo ma non vuole, lo strappa dalle mani del proprietario, scappa e si chiude in bagno. Ed è così che, in un crescendo parossistico di rabbia e di tensione, finisce per esagerare con “la foto di troppo”. Il giudizio morale nei suoi confronti emerge subito ovunque: il giorno dopo, a scuola, tutti l’apostrofano in malo modo, la criticano, la giudicano male e le amiche l’allontanano. A casa, la madre, venuta a sapere dell’accaduto, si dispera e la rimprovera duramente. Amy soffre, è disperata ma non capisce perché ha perso tutto quello che aveva conquistato. Intanto, per giunta, le giungono con sorpresa le prime mestruazioni mentre la famiglia è indaffarata nei preparativi per il nuovo matrimonio del padre. La solitudine, la tensione e la confusione salgono nel suo cuore e nella mente di Amy, mentre il suo corpo sta cambiando. La fantasia s’intreccia con la realtà e il suo abito nuovo, pronto per le nozze del padre, le parla di un sangue nuovo, il suo, che lo macchia…
Un film specchio della società
Il film affronta vari temi: la pre-adolescenza, il consumismo, il modello di donna di due culture diversissime e i media facilmente alla portata dei più piccoli con il loro bagaglio di pornografia, all’insegna del divertimento. Lo stile è quello della volgarità come un mare che dilaga. Le parole della regista sono chiare: “ I giovanissimi non fanno altro che copiare il modello di successo offerto in rete. Inoltre essi notano che più una donna si presenta provocante e più ha successo”. Mi viene da pensare a Elettra Miura Lamborghini, giunta perfino a Sanremo. Un tempo c’era la danza del ventre, sinuosa, allusiva ma non esplicita, oggi c’è il twerking, quello delle ragazzine nel film, che si potrebbe definire la danza del sedere, molto esplicita e volgare. E’ un tipo di danza che scuote molto velocemente, al ritmo vivace della musica, il lato B. Nel film, le piccole ballerine scimmiottano quelle più grandi e appaiono principalmente “ridicole”; sono eccessive, irruenti, senza testa, hanno i brufoli e non ancora le forme di una donna. Sono tutte ragazzine che si sentono sole perché hanno alle spalle famiglie distratte, superficiali, in certo qual modo assenti. Vivono tutto per gioco, cercano di attirare l’attenzione e gli applausi ma non sanno veramente il significato di ciò che fanno, semplicemente perché sono ancora delle bambine. Tuttavia, il messaggio del film è di nuovo chiarissimo: “Attenzione che le stiamo perdendo, le stiamo rubando il futuro!” La colpa non è loro ma di tutto un sistema, una cultura materialistica ed edonistica che strumentalizza la donna per ridurla a “carne”, oggetto di piacere, uno strumento d’uso per il commercio, per la pubblicità, per la pornografia, per il mondo dello spettacolo…
Quale emancipazione della donna?
La regista si chiede se in Occidente tutta l’emancipazione delle donne sia sinonimo di vera libertà. L’oggettivazione del corpo delle donne nella cultura occidentale non è forse una nuova forma di schiavitù? Qual è il modello di donna che offriamo alle giovani in pieno sviluppo? Noi donne possiamo veramente scegliere chi essere, tra i vari modelli imposti dalla società?
Il film è davvero uno specchio della realtà che ci circonda, c’è poco da fare, è già così. Serve un sussulto da parte degli adulti prima che sia troppo tardi. Genitori, educatori, uomini di cultura e soprattutto di governo si sveglino e prendano seri provvedimenti affinché l’educazione dei giovani diventi prioritaria e non sia più permesso abbandonare i bambini a se stessi, senza una vera guida, un vero dialogo, un accompagnamento affettuoso lungo il cammino della vita. Il film in questo senso ci offre una speranza nelle ultime scene, molto belle. Durante la performance al concorso di ballo, Amy improvvisamente ricorda quanto sta succedendo a casa sua, piange pensando alla madre e scappa, corre verso casa a cercarla. Quando si butta tra le sue braccia in un lungo abbraccio appassionato, a cui la mamma risponde teneramente, tutto si ricompone in Amy. La scena mostra le due donne una di fronte all’altra, la madre sta finendo di vestirsi e di indossare gli ultimi gioielli, un paio di orecchini. Amy la guarda in silenzio, la donna è vestita come una regina, l’abito è elegantissimo e dorato; sua madre è bellissima. Amy dopo la festa esce in strada e incontra due bambine che giocano con la corda, e si mette a saltare dentro l’arco mosso della corda. Mentre salta, Amy è sorridente e leggera, sempre più leggera, come in una sorta di levitazione che la solleva sempre più in alto e ha la faccia pulita e gioiosa di una bambina. Il confine tra la realtà e la fantasia è incerto, Amy è tornata a sognare il suo futuro…