“Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?” (Is 43, 19)
Come le donne andarono al sepolcro senza scappare, senza farsi paralizzare da quanto era successo al Signore Gesù, seppur smarrite e terrorizzate dalla gravità della situazione che stavano vivendo, così medici e infermieri oggi, dopo aver vissuto il dramma del Covid, tornano negli ospedali e riprendono il loro lavoro, anzi, sarebbe meglio dire, la loro missione umana e sociale, accanto ai malati (Un piano per risorgere di Papa Francesco)
Con lo spirito un po’ smarrito anche il Dott. Cannavò, il “nostro” medico eroe varesino, che non aveva esitato ad andare a Cremona nel momento peggiore del Covid per dare una mano durante la terribile prima fase della pandemia, e che, a sua volta, si era poi ammalato di Covid, anch’egli ha ripreso il suo posto in ospedale dopo un anno di assenza.
Come sta oggi Dottore? Tutto sotto controllo?
Purtroppo, il 29 dicembre scorso anche mia moglie è stata contagiata dal virus del Covid. E’ stato un brutto momento anche perché sono ripiombato nel ricordo della malattia, come in un flash back… sì, la mia malattia e le sue conseguenze, lo strascico dei problemi di salute che non finivano mai. E’ stato uno shock… pensavo di non riuscire a venirne fuori: astenia, avvilimento, il male al ginocchio col menisco lesionato, i problemi alla vista e il cambio di occhiali perché il virus favorisce le micro trombosi del circolo sanguigno… la mancanza di energia e la perdita di 12 kg. Alla fine, mi sono ritrovato completamente sfiancato anche psicologicamente.
Questa estate ho avuto la febbre per una banalità, io che ero così robusto, mi sono avvilito non poco e ho finito per mettere tutto in dubbio. Ho cominciato ad avere paura di aver perso anche il mio coraggio e la mia capacità di fare il medico. Dovevo tornare in ospedale, ma ne ero in grado? Sì, ci vuole un percorso di recupero per ritrovare se stessi.
Tuttavia, la malattia mi ha cambiato psicologicamente in meglio. Oggi penso solo al presente, senza più tornare al passato, prigioniero di ricordi. Il passato infatti non c’è più anche se ha lasciato tante cicatrici. Per superare la paura del domani penso solo al presente. Il Covid mi aveva fatto vedere cose terribili e non riuscivo a metabolizzarle. Il problema non è stato avere davanti la morte ma assistere al modo in cui tante persone sono morte, in una corsia d’ospedale sole, senza parenti e senza dignità. Sono ricordi come questi che mi hanno lasciato una ferita profonda nell’anima. Io avevo assistito a tutto questo inerme, senza poter fare nulla o quasi stringendo le mani, dando una carezza…
Dalla malattia vicino alla morte, la rinascita
“Può essere mettersi con il cuore a nudo in un dialogo a due voci con Dio rivivendo le proprie angosce.
Può essere una carrellata sulle morti vissute, sulle situazioni non risolte per non essere stata capace di purificare l’amore per andare verso la resurrezione.
Può essere vedere la croce macchiata di sangue e sentirsi vicina ai derelitti della terra e poter solo pregare per loro.“
Da Morire per risorgere migliori
Il medico si sente un po’ un superman in ospedale, non è vero Dottore?
Sì, è un po’ così ma durante il Covid l’esposizione alla morte è stata altissima e il malato moriva sotto i nostri occhi continuamente; dovevamo guardare la morte in faccia perché non vi eran più né l’hospice né le cure domiciliari. Col Covid, come in guerra!
Ho capito l’importanza della “parola”. Io ci sono passato, ho conosciuto quella malattia e così, quando ho saputo che un mio amico stava male, l’ho chiamato e dato alcuni consigli, l’ho aiutato a non farsi prendere dal panico… le parole, il supporto e l’empatia sugli altri, sono l’aiuto più importante, una vera medicina. L’ho sperimentato anche su me stesso, il supporto e l’incoraggiamento degli altri e la loro preghiera diventa essenziale. Come medico sono pragmatico ma anch’io da malato ho ricevuto le preghiere da un amico frate francescano: “Siamo in 40 a pregare per te! Questo è amore, io credo nell’aiuto della preghiera.
Prima “correvo”, oggi penso ad “esserci”
Oggi a 55 anni, dopo le esperienze vissute per il Covid ed il mio contagio, vivo la realtà in modo diverso e ho ripreso la vita con una gratitudine nuova, più riconoscente, più consapevole.
Risorgere… migliori di prima: oggi si parla tanto di resilienza, il reagire senza spezzarsi. Comunque ho avuto momenti di crisi. Molti mi chiedono cosa ne penso del vaccino, se ne parla come se ci fossero sempre due schieramenti… e mi chiedo se devo ancora discutere di questo? Perché nessuno mi chiede nulla di me, della mia esperienza di contagiato? Il vaccino che male può farti? Più di quello che ha fatto a me il Covid?
Nel mio piccolo, anche se ero impossibilitato a muovermi, ho continuato a fare il medico stando vicino al paziente dal punto di vista umano. Oggi mi ringraziano per quella vicinanza data tramite il telefono.
La malattia mi ha insegnato di cosa ha bisogno una persona malata. Forse lo sapevo già ma di certo non ne ero così consapevole come ora. I farmaci non bastano, ci vuole il sorriso e la vicinanza; l’ho imparato su me stesso. Mi ha curato soprattutto l’amore della mia famiglia, di chi mi voleva bene. Due cose corrono su binari paralleli: la cura e la vicinanza ed è per questo che durante il mio contagio da Covid sono voluto rimanere a casa.
Essere ricoverati in ospedale è sempre un trauma
Penso soprattutto alle persone di una certa età che devono farsi ricoverare in ospedale. Quando si è anziani si vive un equilibrio molto delicato; lontano dai familiari, dalla propria casa, dalle proprie cose, dal proprio mondo, le persone di una certa età finiscono per smarrirsi, perdono i loro punti di riferimento, si lasciano andare, viene meno il calore delle persone care e l’equilibrio si spezza.
Quando ero malato mia moglie era lì, con grande sacrificio, sveglia a tutte le ore del giorno e della notte, rischiando anche lei il contagio… quanto è importante l’amore! Quando poi si è ammalata lei, nonostante la terza dose di vaccino… io, ricordando quello che mi aveva fatto, le sono stato vicino… ho imparato da lei.
Sono tornato in ospedale: è la prova del nove
Adesso non ho più la paura dei mesi scorsi, sono più tranquillo e sereno. Ho chiesto il trasferimento e ora sono all’ospedale di Varese, più vicino a casa e in chirurgia d’urgenza. I colleghi psichiatri mi hanno rimproverato perché avrei dovuto fare più psicoterapia. Mi hanno detto: “Adesso stai bene ma hai avuto uno stress post traumatico, l’ EMDR è molto valida…” Il mio rientro in ospedale sarà la prova del nove del mio recupero, sul campo. In genere la gente vive “distratta” mentre bisogna “stare nel presente”. L’abilità di una persona, il suo equilibrio sta nel vivere le emozioni nel presente.
Ho riscoperto che esiste il sole, mentre prima vivevo quasi di notte, partivo all’alba e vivevo al chiuso… ora apprezzo il calore del sole, il valore della meditazione e penso che il tempo sia relativo. Quando ci metti consapevolezza anche un solo istante, vivi ed è bellissimo!
Auguri al Dott. Cannavò, di tutto cuore!
Susanna Primavera