PDL 76: proposta dei radicali di limitare l’obiezione di coscienza e di sterilizzare le donne
In Regione Lombardia è stata presentata una proposta di legge di iniziativa popolare (PDL 76) per “monitorare” il diritto dei medici di esercitare l’obiezione di coscienza ( sancito per legge) e per diffondere i mezzi contraccettivi a tappeto, mediante un impianto sottocutaneo ( larc ) che possa garantire la sterilizzazione della donna stessa: l’obiettivo sarebbe ottenere una riduzione degli aborti procurati. La proposta è stata sostenuta ed illustrata da due donne, una ginecologa e l’altra psicologa, e ha come promotori movimenti legati al partito radicale.
In audizione in Regione Lombardia eravamo presenti anche noi del Movimento e Centro di aiuto alla Vita di Varese, insieme a tanti rappresentanti delle associazioni di volontariato, per proclamare ad alta voce che noi siamo dalla parte della donna e per il bambino non nato: sempre!
Il testo della mia audizione è stato scritto da me e dal dott. Roberto Festa dell’associazione Difendere la vita con Maria, è riportato integralmente in fondo a questo articolo, insieme al testo della proposta di legge dei radicali.
Due osservazioni a margine:
- al termine dell’audizione, nelle repliche, l’arroganza dei consiglieri sostenitori della proposta è stata immediatamente evidente: distinguere tra professioni insinuando una mancanza di competenza nel merito ha rivelato la pochezza umana e il classismo di quella che una volta era la gloriosa sinistra: se si è medici ginecologi si ha diritto di parlare, se si è professori, avvocati, magistrati no.
- grave pensare a corsi per spiegare ai medici cosa sia l’obiezione di coscienza, per monitorare un diritto sacrosanto! Si percepisce nel sottofondo la “longa manus” di chi vuole controllare e limitare la libertà di pensiero e di opinione, come nei peggiori regimi stalinisti.
- La mancanza di applicazione della legge 194/78, laddove si sottolinea la necessità di contribuire ad aiutare la donna a “ (…) superare le cause che inducono ad abortire”, è risultata lampante nelle affermazioni di apertura del proprio intervento da parte della dott. Von Wunster:”(…) lavoro con i Cav e quando mi accorgo che una donna è incerta la invio dai volontari(…)”. Appunto, la legge 194 non attribuisce alla generosa disponibilità del medico la scelta di inviare o non inviare le donne alle associazioni di volontariato, in base alle incertezze di chi si ritrova una gravidanza indesiderata e vorrebbe, di conseguenza, abortire. La legge dice che sempre bisogna tentare di contribuire a rimuovere le cause. Certo, l’impegno in tal senso sarebbe gravoso: la relazione tra ginecologa e cliente è senz’altro condizionata dal denaro, dalla parcella per la visita in corso e per le successive. Quale medico vorrebbe correre il rischio di perdere clienti?
- La diffusione a tappeto della contraccezione vista come la soluzione per evitare gli aborti non tiene conto dei dati riferibili a Paesi come Francia, Spagna, Inghilterra, dove la contraccezione è nota da anni e gli aborti non calano. (illuminante in tal senso l’intervento del Prof. Gandolfini, del Comitato “Difendiamo i nostri figli”).
- La proposta di diffondere l’aborto farmacologico,
tramite RU 486, definito molto più sicuro dell’aborto chirurgico: grave la disinformazione o la malafede di chi fa questa affermazione, visto che negli Stati Uniti sono documentate numerose morti per sepsi a seguito di questa metodica abortiva. (leggi qui il nostro articolo in merito, con la spiegazione del ginecologo americano, dr. Anthony Levatino). Del tutto ignorato dai sostenitori della pdl 76 il dolore delle donne che hanno abortito, dolore che riaffiora anche a distanza di 20/30 anni. (leggi qui e qui i nostri articoli) Forse non si può pretendere che una ginecologa abortista, nei 10 minuti che dedica alla donna nel proprio studio, riesca a farsi carico anche degli aspetti umani e non solo meramente biologici o clinici della cliente.- L’indifferenza di fronte alle reali e più diffuse motivazioni all’aborto procurato, cioè le cause economiche: il 70 % delle donne che afferisce ai nostri CAV adduce motivazioni legate alla possibilità di mantenere il proprio bambino; invece, se aiutate con il Progetto Gemma, molte tra esse rinunciano al’IVG e accolgono il proprio figlio.
- La proposta di legge PDL 76 presuppone l’immagine di una donna trattata come oggetto: su di lei graverebbe la contraccezione, su di lei l’interruzione di gravidanza, su di lei il dolore per aver soppresso il proprio bimbo, spesso più e più volte nei casi frequenti di recidive. Le femministe di una volta combattevano questa visione limitata e offensiva da parte del “maschio”! Oggi solo noi, donne delle associazioni pro vita, riconosciamo all’essere femminile la sua grandezza e vogliamo aiutarla a realizzare se stessa.
Il grande assente: il bambino! Sentire ancora nel 2020 domandare quando, all’inizio della gravidanza, sia possibile parlare di essere umano, sapere che oggi ancora c’è chi crede che l’embrione sia un grumo di cellule, davvero sconcerta. L’ignoranza o/ e la malafede delle femministe dei giorni nostri è la stessa di quelle del ‘68, con una differenza di fondo: allora non c’erano gli strumenti ecografici, gli studi erano appena agli inizi. Oggi no.(qui l’articolo e il video che mostra l’inizio della vita umana, dal concepimento)- la consapevolezza, pur nell’umiltà che contraddistingue noi volontari per la vita, della grandezza del nostro servizio, risulta evidente dalle migliaia e migliaia di donne aiutate, dall’esercito di bimbi venuti alla luce anche grazie a noi. Il valore grande della gratuità del nostro servizio prorompe luminoso di fronte alla miseria di chi propone soluzioni effimere, che lasciano la donna da sola, mentre arricchiscono prepotentemente le già opulente casse delle aziende farmaceutiche.
Testo dell’audizione:
Prof. Vittoria Criscuolo (MPV VARESE) Dott. Roberto Festa (ADVM)
PDL di Regione Lombardia su “Disciplina
dell’applicazione della Legge 22 maggio 1978, n. 194, nel
territorio della Regione Lombardia” Audizione in
Commissione Salute Mercoledì 4 dicembre, ore 10 Sala
Oriana Fallaci – terzo piano del Palazzo Pirelli Via Filzi n.
22, Milano
La legge 194/78 è una norma che si inserisce
nell’ordinamento italiano con lo scopo dichiarato di tutelare
la maternità quale binomio inscindibile madre-figlio. Infatti
sia nel titolo che nei primi articoli questo fine è ben
espresso: il titolo recita “norme PER la tutela sociale della
maternità e SULLA interruzione volontaria della
gravidanza” , evidenziano come la norma si concentri SU
una certa procedura ma che il bene/valore PER il quale
interviene è la maternità; l’articolo 1 afferma che “lo
Stato riconosce il valore sociale della maternità e tutela la
vita umana dal suo inizio. L’interruzione volontaria della
gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il
controllo delle nascite”; l’articolo 2 chiama in causa i
Consultori familiari i quali devono “agire contribuendo a
far superare le cause che potrebbero indurre la donna
all’interruzione della gravidanza”. Diversamente non
potrebbe essere, in quanto i Consultori familiari sono
istituiti con la legge 405/75 proprio per “la tutela della
salute della donna e del prodotto del concepimento” (art. 1
com. c).
Le motivazioni addotte dalle donne per la richiesta di IVG
sono soltanto supposte, perché non esiste alcuna voce nella
scheda anamnesi che permetta di conoscere con certezza
quali siano le motivazioni reali e, di conseguenza, come
intervenire per rimuovere le cause, così come la legge 194
richiede. Gli operatori dei Movimenti e Centri di aiuto alla
Vita, invece, che accostano le donne che vorrebbero
abortire ma sono incerte, compilano una scheda di
anamnesi che chiarisce quali siano i reali problemi che le
inducono alla scelta abortiva, sempre sofferta. Dalla scheda
che allego, relativa al CAV di Varese, ma reperibile in tutto
il territorio nazionale, emergono chiaramente non solo le
motivazioni ma le soluzioni per aiutare le donne, i mezzi
messi in campo dalle associazioni di volontariato che sono
costrette a supplire alla latitanza dello Stato.
Si prendano, di contro, per esempio i dati diramati
dall’Istituto Guttmacher per gli USA, studio commissionato
da Planned Parenthood, quindi da cliniche abortiste:
risultati chiarissimi e, presumibilmente, del tutto
sovrapponibili a quelli italiani, se nel nostro Paese si
conoscessero le motivazioni: la maggioranza infatti adduce
ragioni economiche sia nell’avere il figlio sia nel
mantenerlo.
Inoltre: le IVG pesano già notevolmente sul bilancio
sanitario, (circa 200 milioni di Euro complessivi
all’anno),proporre un ulteriore aggravio di spesa con la
diffusione gratuita della contraccezione post aborto sembra
essere in totale controtendenza con la situazione economica
in cui versa il Paese. Si potrebbero molto più utilmente
prevedere fondi per aiutare la donna a superare le difficoltà
economiche e tenere il figlio. Francia e Paesi nordici
operano in questa direzione. La diffusione della
contraccezione, inoltre, non è affatto una garanzia di
riduzione degli aborti, come ben documentato dalle
relazioni di attuazione delle rispettive leggi di aborto nei
Paesi scandinavi, in Francia e in Germania.
L’accesso all’aborto cosiddetto sicuro prevede inoltre una
effettiva informazione dei pericoli e dei rischi connessi
all’aborto farmacologico: negli USA la RU 486 ha causato
la morte per sepsi di moltissime donne e risulta essere
percentualmente di gran lunga più pericolosa per la donna
della IVG chirurgica.
La sindrome post abortiva che colpisce gran parte delle
donne che si sottopongono alla IVG causando sofferenza
psico- fisica anche per decenni, richiede spesso l’intervento
di personale con competenza psicoterapeutica. Si legga in
merito quanto si dice nel Manuale MSD per i professionisti,
che riporto qui nel punto che ci interessa
( https://www.msdmanuals.com/it-it/professionale/ginecolog
ia-e-ostetricia/anomalie-della-gravidanza/aborto-spontaneo
): “(…) Dopo un aborto indotto o spontaneo, i genitori
possono provare un senso di angoscia e di colpa. Deve
essere fornito un supporto psicologico e, nel caso di aborti
spontanei, devono essere rassicurati sul fatto che i loro
comportamenti non ne sono stati la causa. Raramente è
indicato un counseling regolare ma deve essere messo a
disposizione(…)”.
Riteniamo che la donna non possa e non debba essere
abbandonata dalle istituzioni e scaricata in nome di una
presunta efficienza tecnica ma non umana, con l’alibi del
presunto valore dell’auto determinazione .
Da ultimo, non si può ignorare il problema della questione
demografica e si deve accennare al fatto che la grave
emergenza della denatalità è stata recentissimamente messa
in evidenza anche dall’ISTAT (vedi gli studi del presidente
prof. Blangiardo, https://www.istat.it/it/archivio/nascite ) .
Fatta questa necessaria premessa, appare di tutta evidenza
come la PDL n. 76 DI INIZIATIVA POPOLARE sia
grossolanamente sbilanciata verso l’agevolazione della
scelta abortiva, mentre è ampiamente risaputo che la reale
carenza e quindi la sfida è rendere agevole l’accoglienza
del figlio laddove sussistano difficoltà di qualsiasi tipo.
Chiunque lavori nel campo socio-sanitario o nel
volontariato dedicato alla tutela della maternità può
facilmente confermare questo fatto; ma basta ricordare che
oltre il 90% delle istanze verso la consigliera di parità
riguardano discriminazione sul lavoro delle donne per
questioni legate alla fertilità e alla maternità.
● Pertanto, riconoscendo la generale negatività di
una proposta orientata a favorire l’interruzione
volontaria di gravidanza invece di sostenere la
donna nella possibilità di rinunciare all’intervento e
tenere il bambino, nella necessità di rendere più
documentato e tracciabile un percorso che in effetti
merita la massima attenzione e valutazione, si
presenta la seguente controproposta (proposta
Criscuolo MPV Varese/Festa ADVM):
1. il Centro Regionale di cui all’art. 1 della PdL dovrà
avere al suo interno rappresentanti di organizzazioni di
volontariato qualificate nel campo della tutela della
maternità;
2. nell’art. 3, let. f occorre prevedere esplicitamente la
realizzazione di un protocollo operativo con check list
per la più completa documentazione delle motivazioni
della richiesta di IVG, con particolare attenzione a ciò
che costituisce “serio pericolo per la salute della
donna”, e delle risorse offerte per l’ottemperanza
dell’art. 2 l.194/78;
3. tra gli scopi del Centro Regionale occorre aggiungere
la promozione di convenzioni per la collaborazione con
organizzazioni di volontariato qualificate nella tutela
della maternità in ottemperanza alla legge 194/78
art. 2 let. d;
4. tra gli scopi del Centro Regionale occorre aggiungere il
monitoraggio delle conseguenze fisiche e psichiche, a
breve, medio e lungo termine, dell’intervento abortivo.
Infatti appare del tutto inadeguato ridurre l’impegno nel
post-aborto all’offerta di mezzi contraccettivi. A tal
proposito occorre inoltre integrare questa offerta con
quella di un percorso formativo con gli operatori di
biofertilità già riconosciuti dalla Regione Lombardia.
5. Pertanto, oltre al monitoraggio delle conseguenze
dell’aborto da inserire tra i compiti del Centro
Regionale, e alla presa in carico da parte degli
operatori di biofertilità, per la tutela della salute della
donna che ne faccia richiesta, va previsto, a carico della
Regione, un percorso psico-terapeutico assegnato a
personale specificamente formato sulla elaborazione
del lutto post-aborto.
6. Si rileva inoltre che in due punti la PdL appare
improponibile in riferimento, in un caso, alla normativa
nazionale alla quale essa stessa si riferisce (la legge
194/78) e, nell’altro caso, alla natura sua propria del
Consultorio familiare. Infatti nell’art. 5 sembra che si
voglia imporre agli ospedali di derogare, laddove “si
approssimi la scadenza dei termini” , al periodo di sette
giorni di attesa sancito dalla legge nazionale; mentre
nell’art. 6 si vorrebbero attribuire al Consultorio
familiare compiti che gli sono assolutamente estranei
come l’esecuzione materiale dell’aborto farmacologico
che invece per legge nazionale deve avvenire in
ambiente ospedaliero e che in ogni caso sarebbe in
contraddizione con gli scopi del Consultorio familiare
stesso come sanciti nell’art. 1 della legge istitutiva n.
405/75 in premessa citati.
Movimento e Centro di aiuto alla vita Varese
Movimento e Centro di aiuto alla vita
Valceresio
Movimento e Centro di aiuto alla vita
Malnate
Movimento e Centro di aiuto alla vita
Como
Istituto Salesiane Maria Ausiliatrice Varese
Associazione Difendere la vita con Maria
Associazione Genitori Scuole cattoliche Varese
Associazione Scienza & Vita Varese
Proposta di Legge PDL 76
Il Presidente
Al Signor Presidente
della Commissione consiliare III
Al Signor Presidente
della Commissione consiliare I
Al Signor Presidente del
Consiglio per le Pari Opportunità
e, p.c. Ai Signori Presidenti
delle altre Commissioni consiliari
Ai Signori Componenti
l’Ufficio di Presidenza
Ai Signori Consiglieri regionali
Al Signor Presidente
della Giunta regionale
Ai Signori Assessori regionali
Ai Signori Sottosegretari regionali
LORO INDIRIZZI
Oggetto: PDL n. 76 DI INIZIATIVA POPOLARE
“Disciplina dell’applicazione della Legge 22 maggio 1978, n. 194, nel territorio della Regione
Lombardia”.
(di iniziativa dei Signori: Martelli Sara, Bonvicini Barbara e altri).
Trasmetto, per l’istruttoria di competenza, il progetto di legge in oggetto.
Invito la Commissione consiliare I e il Consiglio per le Pari Opportunità a esprimere il parere di
propria competenza e a trasmetterlo direttamente alla Commissione referente, inviandolo per conoscenza a
questa Presidenza.
Con i migliori saluti
ALESSANDRO FERMI
Documento informatico sottoscritto con firma digitale, ai sensi dell’art.24, del D.lgs. 7
marzo 2005 n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale)
20124 Milano – Via Fabio Filzi, 22 – tel. 02.67482.1 – PEC:protocollo.generale@pec.consiglio.regione.lombardia.it
Protocollo CRL.2019.0008587 del 28/05/2019
Firma autografa sostituita con indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile ai sensi del D.Lgs. 39/93 art. 3 c. 2.
REGIONE LOMBARDIA XI LEGISLATURA
CONSIGLIO REGIONALE CODICE 2018/XI.2.2.2.76
PROGETTO DI LEGGE N. 0076
di iniziativa popolare :
Martelli Sara, Bonvicini Barbara e altri
______
“Disciplina dell’applicazione della Legge 22 maggio 1978, n. 194, nel territorio della Regione
Lombardia”.
______
PRESENTATO IL 27/09/2018
ASSEGNATO IN DATA 28/05/2019
ALLE COMMISSIONI:
REFERENTE III
CONSULTIVA I
ALTRI PARERI: CONSIGLIO PER LE PARI OPPORTUNITÀ
Relazione introduttiva
A quarant’anni dalla pubblicazione della Legge 22 maggio 1978, n. 194, Norme per la tutela sociale della
maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza, l’accesso ai servizi che dovrebbero garantirne
l’applicazione è difficile e, a volte, addirittura ostacolato.
Anche in Lombardia le donne faticano a vedere riconosciuto il proprio diritto ad un aborto sicuro, a ricevere
informazioni sulla sua prevenzione e ad accedere alla contraccezione, d’emergenza e non.
In concomitanza alle difficoltà di accesso ai servizi, si registrano sempre più frequenti notizie relative
all’aumento numerico degli aborti clandestini, soprattutto in esito all’impiego di farmaci abortivi acquistati
via Internet, con tutti i rischi che ne conseguono per la salute delle donne in particolare quelle in posizione di
maggiore fragilità.
La proposta di legge mira a introdurre a livello regionale una serie di soluzioni che possano facilitare
l’applicazione della L. 194/78, tramite: la costituzione di un centro di informazione e coordinamento,
prevedendo anche un adeguato monitoraggio dell’obiezione di coscienza; la conferma dell’attribuzione ai
consultori familiari di una funzione centrale nel favorire il percorso di accesso ai servizi e di partecipare
attivamente ad alcune sue fasi; un’adeguata presa in carico dei casi urgenti e la garanzia della continuità
terapeutica per le donne che si rivolgono alle strutture pubbliche e alle private accreditate per procreazione
medicalmente assistita e/o diagnosi prenatale; informazione e accesso gratuito alla contraccezione in fase
post-abortiva; la formazione del personale sanitario.
Articolato
Art. 1
Istituzione e composizione del Centro Regionale di Informazione e Coordinamento
1. E’ istituito presso la Giunta regionale, e senza oneri aggiuntivi per la Regione, il
Centro Regionale di Informazione e Coordinamento per l’applicazione nel territorio
regionale della legge 22 maggio 1978, n. 194 (Norme per la tutela sociale della
maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza).
Art. 2
Composizione del Centro Regionale di Informazione e Coordinamento
1. La Giunta regionale, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge, previo parere della competente Commissione consiliare, determina la composizione
del Centro Regionale di cui all’art. 1, definendone le modalità di funzionamento,
nonché i requisiti professionali e la durata in carica dei componenti.
2. Per la partecipazione alle sedute non è dovuto alcun compenso.
3. I compiti di segreteria sono svolti dalla struttura organizzativa regionale
competente per materia. Il personale opera nell’ambito dell’attività di servizio.
Art. 3
Funzioni del Centro Regionale di Informazione e Coordinamento
1. Il Centro Regionale:
a) fornisce informazioni sulle attività dei consultori familiari nel rispetto della l.
194/78 e della legge 29 luglio 1975, n. 405 (Istituzione dei consultori familiari), in
particolare su accesso ai servizi ospedalieri e rilascio del certificato attestante
l’urgenza dell’interruzione della gravidanza o del documento attestante lo stato di
gravidanza e la richiesta della relativa interruzione con le modalità comunicative più
efficaci;
b) pubblica e aggiorna le informazioni di cui alla lettera a) nella sezione dedicata ai
servizi per la salute del sito internet istituzionale della Regione Lombardia per
consentire la più ampia conoscenza dei diritti sanciti dalla l. 194/78, con indicazione
delle procedure chirurgiche e farmacologiche di interruzione volontaria della
gravidanza, nonché dei rischi che le pratiche clandestine comportano;
c) monitora e gestisce le prenotazioni degli appuntamenti per gli interventi di
interruzione volontaria della gravidanza, in condivisione tra tutti i consultori
familiari e gli ambulatori ospedalieri presenti nel territorio regionale;
d) attiva, nei consultori familiari, l’adeguamento:
– dell’attrezzatura per la datazione della gravidanza;
– delle competenze degli operatori nella prestazione di assistenza alle donne che
chiedono la prescrizione o l’applicazione di dispositivi contraccettivi e
l’interruzione della gravidanza;
e) monitora l’applicazione della l. 194/78 nei consultori familiari e negli ambulatori
ospedalieri presenti nel territorio regionale, curando la raccolta e l’aggiornamento
dei dati utili al fine di accertare le cause delle eventuali disomogeneità nell’offerta
dei servizi attinenti l’interruzione volontaria della gravidanza, nella relativa
agevole fruizione da parte delle donne interessate, nelle metodologie utilizzate e nei
costi sostenuti;
f) presenta sia al Consiglio Regionale che alla Giunta e pubblica nel sito internet
della Regione Lombardia una relazione annuale dei dati raccolti in esito al
monitoraggio dell’applicazione della l. 194/78, distinti per struttura e rapportati al
numero dei residenti, la quale dovrà contenere anche:
– informazioni relative agli interventi attuati nelle diverse fasi del percorso di
interruzione volontaria della gravidanza;
– evidenze in ordine ai rapporti numerici tra personale obiettore e non obiettore nelle
singole strutture e loro posizione contrattuale;
– una sezione dedicata alla qualità effettiva e alla qualità percepita dei servizi;
g) ricerca e promuove strumenti per garantire la copertura di personale non obiettore
all’applicazione della l. 194/78 nelle strutture che offrono servizi attinenti
all’interruzione volontaria della gravidanza.
h) promuove, nelle aree nelle quali la prestazione dei servizi previsti risulti
inadeguata, l’apertura di nuovi consultori familiari e di nuovi ambulatori ospedalieri
dedicati all’applicazione della l. 194/78;
i) promuove l’istituzione di corsi di formazione e di aggiornamento, negli ambiti
tecnico e giuridico, del personale addetto alle diverse fasi del percorso di
interruzione volontaria della gravidanza;
j) fornisce informazioni e assistenza specifica per la reperibilità di farmaci
contraccettivi d’emergenza.
Art. 4
Nuovi compiti dei consultori familiari
1. Ai consultori familiari istituiti dalla l. 405/75 sono attribuiti, in attuazione
all’art. 5 della l. 194/78, i compiti di seguito indicati:
a) la definizione, in accordo con la struttura ospedaliera di afferenza, delle
procedure di accesso delle donne interessate a prestazioni previste dalla l. 194/78 e
la relativa pubblicazione nel sito e nella carta dei servizi di ciascuna struttura;
b) l’orientamento delle donne interessate a fruire di prestazioni previste dalla l.
194/78 ad accedere a strutture ospedaliere idonee a soddisfare nel modo migliore anche
le loro personali esigenze.
Art. 5
Presa in carico dei casi urgenti
1. Nei casi nei quali il medico di riferimento certifichi urgenze o nel caso in cui si
approssimi la scadenza di termini, la struttura ospedaliera assicura alle donne che
chiedono l’interruzione di una gravidanza l’accesso in tempi utili a una delle sedi
autorizzate a praticarla.
Art. 6
Interruzione farmacologica della gravidanza
1. Le donne che fruiscono dell’interruzione farmacologica della gravidanza sono prese
in carico in regime ambulatoriale o di ricovero a giornata.
2. Il percorso diagnostico e terapeutico è definito, aggiornato ed eventualmente
modificato dai responsabili sanitari dell’ospedale, in base alle evidenze scientifiche.
3. I farmaci prescritti per l’interruzione farmacologica della gravidanza sono proposti
e somministrati anche dai consultori familiari, adeguatamente attrezzati in conformità
alle esigenze di un programma diagnostico e terapeutico definito dai relativi
responsabili sanitari.
Art. 7
Interruzione della gravidanza nel secondo trimestre
1. Al fine di assicurare continuità terapeutica alle donne che richiedano
l’interruzione della gravidanza a norma degli artt. 6 e 7 della l. 194/78 in esito
all’accertamento di processi patologici tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie e
malformazioni del nascituro che determinino un grande pericolo per la salute fisica e
psichica della donna, tutte le strutture pubbliche e tutte le strutture private
accreditate per le prestazioni di procreazione medicalmente assistita o di diagnosi
prenatale, forniscono un’assistenza globale anche inerente l’interruzione della
gravidanza oltre i primi novanta giorni, ovvero assicurano l’invio delle pazienti a
strutture che dispongano dei requisiti per poterla fornire prescritti dalla legge.
Art. 8
Contraccezione
1. In concomitanza all’interruzione volontaria di gravidanza l’ospedale offre alle
donne farmaci e dispositivi contraccettivi, compresi quelli a lungo termine
reversibili, quali i dispositivi intrauterini al rame o medicati e gli impianti
sottocutanei.
2. L’acquisto di tali farmaci e dispositivi è compreso nella programmazione della spesa
relativa al servizio di farmacia degli ospedali e degli altri presidi terapeutici
facenti parte del servizio sanitario regionale.
Art. 9
Corsi di Educazione Continua in Medicina
1. La Regione istituisce e finanzia:
a) corsi di aggiornamento delle competenze in merito alle tecniche chirurgiche e
farmacologiche di interruzione della gravidanza e alla contraccezione;
b) corsi di formazione per una consapevole scelta riguardo all’obiezione di coscienza
nonché alle tematiche epidemiologiche, psicologiche, sociologiche e giuridiche, in
attuazione dell’art. 15 della l. 194/78, previa valutazione delle proposte e dei
suggerimenti del Centro Regionale.
Art. 10
Norma finanziaria
1. Alle spese derivanti dalle disposizioni contenute nella presente legge, quantificate
in euro 500.000 per il primo anno di attuazione, si fa fronte con legge di approvazione
del bilancio dei singoli esercizi finanziari.