La Pandemia è sempre più lontana, la vediamo “quasi” scomparire all’orizzonte europeo mentre il 50% delle nostre regioni è in zona bianca; sta per iniziare una nuova era, un nuovo tempo che vogliamo a tutti i costi “migliore”. I provvedimenti presi in termini economici come il Recovery Found hanno fatto recuperare all’Unione Europea reputazione e fiducia, impedendo che i vari Paesi dell’Unione si ritrovassero alla mercé dell’economia, cioè al collasso.
Molti di noi hanno attraversato una crisi esistenziale ritrovandosi improvvisamente chiusi in casa, soli o in famiglia, con fuori un virus che minacciava la vita stessa. Piano piano abbiamo ripreso il lavoro, un po’ in tutti i settori. Nelle strade, le vie principali delle nostre città, sono tornate le code. Negli studi professionali, si presentano nuovi clienti e, la sera, ricominciamo in molti ad andare al pub o al ristorante, con parenti e amici.
Nuova stagione e nuove speranze
La primavera è riapparsa e con lei la vita “in movimento”, anche grazie ai vaccini. Siamo tornati ad affondare le mani nella terra dei campi o magari solo per allestire l’orto o il terrazzo. Abbiamo scelto nuovi tipi di piante per il giardino, con una cura e un’attenzione rinnovata le abbiamo piantate e annaffiate, augurando a loro buona vita e a noi buoni frutti.
Torniamo ad indossare più volentieri completi, tacchi e scarpe lucide e torniamo a fare acquisti, a cercare un costume nuovo, perché abbiamo davanti le tanto agognate vacanze. Poi, al di sopra di tutto, vola, come aquila che aleggia sui nostri pensieri, un nuovo entusiasmo in crescendo, non dissimile da quello che provarono i nostri nonni e genitori, dopo una guerra…
Eppure, malgrado la bella stagione, tutto sa di incertezza e nel cuore vi è un fondo di malinconia perché molti mancano all’appello; guardiamo al mondo con occhi diversi, avendo l’impressione che tutto si stia trasformando.
Ad iniziare dal lavoro. Lo Smart Working, nella forma che ha “trionfato” per più di un anno, è una modalità di lavoro a distanza che non si può certo proporre per tutti i mestieri, per tutto il mondo del lavoro. Lo Smart Working rimarrà? Adesso c’è ancora il blocco dei licenziamenti, ma tra pochi mesi cosa succederà? Quante persone sono a rischio di perdere il lavoro?
La fotografia dell’Italia 2021
L’ultimo rapporto sull’Italia 2021 dell’ Osservatorio Eurispes fotografa una nazione sempre più povera e sempre più vecchia, con i ceti medi sempre più deboli. Il rapporto esordisce con un invito ad una nuova RI-COSTRUZIONE con uno slogan di Hazan Özbekhan, co-fondatore e primo direttore del Club di Roma, 1968: “Programmare non è proiettare il presente nel futuro ma l’opposto, avere un’idea di futuro da innestare nel presente“.
L’innesto appunto, cioè inserire in una pianta, una parte di un’altra pianta, che sia diversa per tipo e specie dalla prima, con lo scopo di ottenere un nuovo tipo di pianta… In pratica, al di là della bella similitudine, per avere un’idea di futuro occorrono dei valori forti che facciano da riferimento, una visione che possa dirigere i nostri passi verso una direzione precisa: un pensiero a lungo termine per realizzare quel futuro migliore che vogliamo, senza più crisi economica e sociale e, soprattutto, pieno di bambini.
Il PIL non cresce se diminuisce la popolazione
Per raggiungere questo obiettivo, serve innanzitutto un maggior senso di responsabilità verso il mondo intero e poi occorrono più bambini, anche perché, come dice il Presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara:
«Il Pil non può crescere in un paese che invecchia e nello stesso tempo diminuisce in popolazione. L’economia per crescere ha bisogno di innovazione e della capacità di sapersi rapidamente adattare ai mutamenti imposti, di volta in volta, dal sistema globale… Sul piano culturale, un Paese vecchio e tendenzialmente conservatore non innova, si accontenta di gestire al meglio possibile il presente ed esalta il passato. Sul piano economico, consuma la ricchezza prodotta dalle generazioni precedenti e mortifica e impoverisce quelle future».
Nel suo libro “Ritorniamo a sognare” Papa Francesco definisce questo particolare periodo storico della Pandemia come il momento della verità, e intravede come unica soluzione per uscire dal tunnel della paura del dopo pandemia, l’uscire dalla propria solitudine per aprirsi all’incontro con gli altri. Oltretutto, non c’è solo il Covid, ci sono tanti altri problemi nel mondo come le guerre, i rifugiati, il traffico di armi, di esseri umani, la disperazione di coloro che fuggono da regimi violenti e antidemocratici…
Papa Francesco indica la strada del futuro
C’è il grande problema del lavoro: «Che futuro avremo quando il 40 o il 50 per cento dei giovani sarà senza lavoro, come già avviene in alcuni paesi?». Per il Papa la visione del lavoro è ampia: «il lavoro non sia soltanto un modo per guadagnare denaro, ma anche per esprimersi, partecipare e costruire il bene comune». Anzi, «dobbiamo andare oltre l’idea che il lavoro di chi bada a un familiare, o di una madre a tempo pieno, o di un volontario in un progetto sociale che assiste centinaia di bambini, non sia un lavoro perché non riceve un salario».
Per realizzare quel futuro migliore che tutti desideriamo, il Papa ci invita alla conversione ecologica, anzi “integrale”: avere “cura” della natura e di tutti gli esseri umani che ci circondano, di cui siamo fratelli.
C’è un altro problema terribilmente grave, l’aborto nel mondo. Queste le parole del Papa in merito:
«Se pensi che l’aborto, l’eutanasia e la pena di morte siano accettabili, al tuo cuore riuscirà difficile preoccuparsi dell’inquinamento dei fiumi e della distruzione delle foreste. E lo stesso dicasi del contrario. E quindi, sebbene molte persone sostengano con accanimento che sono problemi di ordine morale diverso, finché si insiste sul fatto che l’aborto è giustificato ma non lo è la desertificazione, o che l’eutanasia è un male ma l’inquinamento dei fiumi è il prezzo del progresso economico, restiamo impantanati nella mancanza di integrità che ci ha portati al punto in cui siamo».
Il Papa dice con chiarezza che non si può «tacere sugli oltre 30-40 milioni di vite non nate che vengono scartate ogni anno per mezzo dell’aborto».
Il futuro che non c’è (senza bambini)
Riportiamo un altro dato interessante del rapporto Eurispes: l’epidemia da Coronavirus ha contribuito alla crescita (66,1%) della fiducia nel futuro (nel 2019 era pari al 55%), nonostante la mancanza di stabilità, l’aumento della disoccupazione e il calo dei redditi. Sembra paradossale, eppure tale è: dietro una crisi, si nasconde sempre un’opportunità. E i giovani l’hanno colta!
Nel libro di Alessandro Rosina e Sergio Sorgi “Il futuro che non c’è”, le sfide sociali più importanti del nostro tempo e della nostra società sono collegabili ai cambiamenti demografici. Pensiamo al processo di invecchiamento, alle migrazioni internazionali, alle trasformazioni delle famiglie.
La demografia, che studia gli eventi più rilevanti nella vita di una persona ci aiuta a meglio comprendere quanto siano importanti i figli nella vita, proprio ai fini del proprio benessere. Infatti, eventi come la propria nascita, quella dei propri figli, la morte, la creazione di una famiglia e l’esperienza migratoria sono da tutti considerati gli eventi più importanti nell’esistenza di ciascuno di noi.
La demografia ci dice, partendo dallo stretto rapporto che vi è tra economia, welfare e demografia stessa che, se vogliamo vedere una crescita nella società, dobbiamo porre al centro delle questioni sociali le persone, la qualità e la possibilità di contribuire al benessere condiviso, come già ci diceva anche Papa Francesco.