Intervista del 15 giugno 2023 a Vittoria Criscuolo, Presidente del Movimento e Centro di Aiuto alla Vita di Varese.

Con il rinnovo del Comitato Direttivo del Movimento e Centro di Aiuto alla Vita di Varese, Vittoria Criscuolo è stata riconfermata Presidente. Da moltissimi anni ormai, questa Associazione le ha dato fiducia denotando un forte apprezzamento per il suo infaticabile impegno a favore della vita nascente e per i risultati raggiunti.

Come è iniziato questo volontariato, com’è nata la tua passione per la causa della vita?

In realtà inizia tutto con la mia passione per i bambini e per la famiglia, che ho sempre inteso personalmente come una vocazione, tanto da desiderare in qualche modo di occuparmene.

 

Il primo impegno che ha poi fatto da ponte di passaggio per il movimento per la vita, in realtà è stato con il Metodo Billings: ho avuto la grazia di incontrare due persone che sono state per me mentori, il Dott. Achille Dedé e sua moglie, la dott. Medua Boioni.

Da loro, dalla competenza e dedizione alla causa del valore della vita, potenzialmente presente nell’incontro tra uomo e donna, dalla santità del matrimonio che loro hanno testimoniato, ha avuto origine il mio impegno nel Movimento.

Fu proprio Achille che mi spronò a dedicarmi al bimbo non nato. Parliamo degli anni 1989/1990, quando cioè scoprii che a Varese il Movimento per la vita era rappresentato da un’unica persona, il presidente, rimasto solo dopo la sconfitta del referendum del 1981. C’era da ricostruire tutto. Così comincia la mia storia nell’associazione che ancora oggi rappresento.

In questi 32 anni della tua vita, dagli anni ‘90 ad oggi alla guida del Movimento per la Vita varesino, se e quanto è cambiata la mentalità italiana nei confronti della vita?

Purtroppo l’approvazione della legge 194 ha significato un cambiamento culturale epocale nella mentalità: da atto abominevole, quale era considerato l’aborto nella nostra società, esso è diventato accettato, in quanto legittimato, nell’immaginario collettivo, dal fatto di essere legale.

Spesso da chi è favorevole all’aborto, in occasione di discussioni, mi sono sentita dire:” C’è la legge, se c’è la legge è giusto”.

Noi sappiamo però che non tutto ciò che è legale è anche morale, e in questo caso, ormai è fatto acclarato, l’aborto è omicidio: la scienza è unanime nell’ affermare che dal concepimento si forma un nuovo essere vivente appartenente alla specie umana. A 18 giorni dal concepimento inizia a battere il cuore del piccolo, il cui sesso è già designato. L’attività cerebrale risulta rilevabile già a 40/45 giorni. Se pensiamo che la legge 194 consente la soppressione del piccolo entro i 90 giorni, capiamo che viene interrotta una vita. Legalmente, certo, ma questo non ha nessuna rilevanza.

L’aborto, diventato ormai un fatto di scarsa importanza, ha anche contribuito a creare la convinzione che esistano persone “ superiori” ( la madre) rispetto a chi ancora deve affacciarsi alla vita e, in quanto tale, non considerato degno perché incapace di difendersi. Il più povero tra i poveri, il più fragile tra i fragili, questo è il bimbo nel ventre di una donna.

Quanto ha inciso la Legge 194/78 sulla figura maschile?

La legge ha inciso nel costume anche nei rapporti tra uomo e donna: messo in secondo piano, nella scelta di far vivere o morire il proprio bimbo (la legge attribuisce alla donna, e a lei sola, indipendentemente dalla volontà dell’uomo, il diritto di interrompere la gravidanza), l’uomo ha abdicato al proprio ruolo di sostegno della famiglia, di guida, di pilastro, per essere relegato invece al ruolo di “inseminatore”, senza diritti.

Da questo “ scivolamento” verso il basso è scaturito anche un disimpegno del padre nei confronti dei figli. Uno dei drammi più gravi della nostra epoca è, infatti, “ l’assenza del padre”, a mio parere un effetto indiretto della diffusione della legge 194.

Al fine di stare al passo con i nostri tempi ipertecnologici, quali iniziative sono state intraprese?

Questa è veramente l’innovazione più importante che caratterizza oggi il Movimento per la vita di Varese. Abbiamo capito infatti che l’esistenza delle persone si è spostata dal reale sul web, e l’abbiamo capito ben cinque anni fa, prima che questa tendenza si acuisse fortemente con il COVID.

Abbiamo quindi  dedotto che dovevamo trovare una via per raggiungere chi non frequenta la parrocchia, non frequenta associazioni, non ha molti gruppi con cui confrontarsi, ma praticamente vive sul web.

Come è costume della nostra Associazione, poiché di tratta di una realtà che punta alla promozione della cultura della vita, non volevamo che lo strumento web diventasse anche una finalità; il fine volevamo deciderlo noi, e non poteva non essere di sensibilizzazione al valore della vita.

Per questo ci siamo rivolti a un esperto di comunicazione su web e gli abbiamo presentato le nostre esigenze: ne è scaturito un sito gestito settimanalmente, con puntualità svizzera (!), che riporta articoli di spessore, di carattere culturale, scientifico, etico, morale, volti a divulgare la verità sulla vita concepita, sulla famiglia, sul rispetto dell’altro.

Non è stato semplice, abbiamo iniziato in due, io e te Susanna, a scrivere dopo aver capito che sarebbe stato necessario “studiare” il web e la sua particolare modalità di comunicazione, per poter offrire un prodotto di un certo livello.

Così è accaduta una cosa meravigliosa: da zero visite il nostro sito è schizzato, nel giro di cinque anni, a quasi 100.000 lettori. Siamo una delle poche voci pro life italiane nel web e ci opponiamo alle centinaia di voci che seminano invece disinformazione, ostilità, in poche parole il male, nei confronti della donna e della famiglia, nonché del bambino non ancora nato.

Al sito è collegata una chat, con la quale chi legge gli articoli può, se vuole, mettersi in contatto con noi. Anche qui sorpresa! Nell’arco di cinque anni più di 1000 contatti, 1000 persone che ci hanno scritto chiedendo consigli, piangendo per le loro situazioni, cercando ulteriori approfondimenti agli articoli che avevano letto. Chat spesso di ore,  intere giornate.

Da questa esperienza, incredibile, anch’essa molto impegnativa, al pari del sito, è scaturito un libro “Una chat per la vita – 50 storie di speranza“ (Ed. Ares) che ormai è quasi il “manifesto” dell’azione dei volontari di tutti i movimenti e Centri Di Aiuto Alla Vita: noi, non solo a Varese ma in tutta Italia, questo facciamo accogliamo le persone in difficoltà, solo che a Varese, oltre a vederle in presenza le accogliamo sul web.

Si può dire che si tratta di una rivoluzione copernicana nell’azione del volontariato. Molto spesso questi “dialoghi” che si svolgono scritti in silenzio si tramutano poi in un contatto fisico nei Centri di aiuto alla vita di tutta Italia.

Come vedi il futuro di una nazione come l’Italia che, ormai da tempo, soffre terribilmente di natalità e, se c’è, dove sta il rimedio?

Dobbiamo sperare che ci sia un’inversione di tendenza, di carattere culturale, prendendo spunto da quanto sta accadendo negli Stati Uniti: la vita inizia dal concepimento, è un dato scientifico, non un fatto ideologico o religioso. Molti Stati in America vietano l’aborto a partire dal momento in cui inizia a battere il cuore del bambino.

Il nostro obiettivo deve essere questo: il riconoscimento dell’esistenza di un piccolo essere indifeso che ha bisogno di accoglienza e amore. Se faremo passare questo valore, il problema della denatalità almeno in parte sarà risolto.

Servono ovviamente anche delle politiche che tengano conto delle difficoltà economiche nelle quali versano molte famiglie: gli studi più recenti dimostrano che più del 50% degli aborti avviene per motivi di carattere economico. Ma cosa c’è di più importante della famiglia e della vita di un bambino concepito?

Ai giorni nostri è semplicemente scandaloso che una donna sia costretta ad abortire per motivi economici. Sono improrogabili degli interventi a favore della mamma incinta, interventi che possano proseguire negli anni dopo la nascita del piccolo, e non costringano la donna ad offendere se stessa e la propria femminilità rinunciando alla maternità.

Susanna Primavera