Chi sono i Prolife?

Le persone che si definiscono “pro-life“, cioè a favore della vita, intendono difendere il suo valore nella società e nella cultura della post-modernità, in quanto convinti che si tratti di una questione di capitale importanza, quel cardine morale, alla base della conquista della felicità e della pace tra le nazioni.

Spesso aderiscono ad un’ associazione o ad altro ente sociale, realtà diverse che tuttavia hanno in comune, tra i loro ideali, il rispetto e la difesa della vita umana. Sono cittadini del mondo che vivono consapevolmente il valore della vita in famiglia, nelle amicizie, nel lavoro e nell’impegno solidale.

La difesa del valore della vita può scaturire da un credo religioso. La maggior parte delle religioni condanna l’aborto. Nel Cristianesimo, la vita è sacra in quanto dono di Dio: Salmo 139, 13-14

Sei tu che hai creato le mie viscere
e mi hai tessuto nel seno di mia madre.
Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio;
Sono stupende le tue opere,
Tu mi conosci fino in fondo.

oppure da una filosofia o da una morale laica che attribuisce alla vita il più grande rispetto. Ricordiamo, a questo proposito, la famosa frase kantiana: “Agisci in modo da considerare l’umanità, sia nella tua persona, sia nella persona di ogni altro, sempre anche al tempo stesso come scopo, e mai come semplice mezzo.”

L’essere in vita, poter gustare la vita in pienezza, è talmente importante per tutti che spesso la sua difesa vive nell’intimo del cuore dell’uomo come un semplice sentire naturale e appassionato.

La condanna dell’aborto volontario

I Prolife sanno che la vita dell’uomo è intangibile perché l’essere umano è una persona sempre, in tutte le varie fasi della sua crescita. Embrione, bambino, adulto o anziano, sano o malato, cosciente o incosciente, l’uomo mantiene per tutta la vita un valore inestimabile. Essere “persona” e non solo essere vivente o cosa.

Gli uomini hanno il libero arbitrio, nell’operare secondo scelte personali e nel giudicare, presentano una personalità unica, diversa da quella di tutti gli altri uomini viventi e un’intelligenza, cioè varie abilità e potenzialità nonché riflessione, volontà,  sentimento e creatività; un insieme di qualità che conferisce loro dignità e rispetto assoluto.

Riportiamo le preziose parole di Romano Guardini sulla vita (I diritti del nascituro, Studi Cattolici, maggio-giugno 1974):

La personalità può rimanere sotto la soglia della coscienza, come quando si dorme, tuttavia essa permane e ad essa bisogna fare riferimento. La personalità può non ancora essere sviluppata, come quando si è bambini, tuttavia sin dall’inizio essa pretende rispetto morale. E’ addirittura possibile che la personalità in generale non emerga negli atti, in quanto mancano presupposti fisico-psichici come accade nei malati di mente … E infine la personalità può anche rimanere nascosta come nell’embrione, ma essa è data sin dall’inizio in lui e ha i suoi diritti. E’ questa personalità a dare agli uomini la loro dignità, essa li distingue dalle cose e li rende soggetti. Si tratta una cosa come fosse cosa quando la si possiede, la si usa e alla fine la si distrugge, o detto per gli esseri umani, la si uccide. Il divieto di uccidere l’essere umano esprime nella forma più acuta il divieto di trattarlo come fosse una cosa”.

I Prolife, difensori della vita, sono convinti che non sia giusto sopprimere volontariamente un essere umano, che nascosto nel grembo materno si sta sviluppando alfine di essere pronto per venire alla luce e staccarsi dal corpo della madre. Anzi, l’aborto volontario o l’IVG Interruzione Volontaria di Gravidanza, è ritenuta un crimine, l’uccisione deliberata di un essere umano indifeso totalmente e senza colpa.

Rispettare la vita per rifiutare la guerra

Madre Teresa di Calcutta, definita anche “Amore in azione”, quando ricevette il Premio Nobel per la pace nel 1979, fu chiarissima accostando la guerra all’aborto:

Il più grande distruttore della pace è quello contro i bimbi innocenti mai nati…  se una madre può uccidere il suo bambino, cosa impedisce a voi e a me di ucciderci l’un l’altro?

Cos’è la guerra se non un inno alla morte? La mano alzata sopra il fratello è il primo delitto, il più grave, che la Bibbia presenta fin dall’inizio della storia del popolo ebreo nel quarto capitolo della Genesi; non siamo forse tutti fratelli, viandanti in questa vita, bisognosi l’uno dell’altro?

Un neonato che, pur accudito, non ricevesse affetto, se non muore lentamente della mancanza di amore e non di cibo, diventerà un adulto pieno di odio (René Spitz). Così anche un uomo che si sente solo e perduto, si sente morire dentro di sé. A chi le chiedeva un consiglio, Madre Teresa diceva di non abortire ma di dare a lei il neonato che lo avrebbe amato e accompagnato nella vita. Il suo era un esempio di accoglienza piena verso la vita con uno sguardo colmo di rispetto e di amore disinteressato. Ella per prima si metteva in gioco e si impegnava, autentica prolife in difesa dei più poveri tra i poveri, i bimbi non nati.

I Prolife amano la vita e intendono proteggere le sue creature dalla violenza e dal furore della guerra. Solo un folle può causare una guerra, che è sempre distruzione dell’ambiente e di infinite vite umane, tra cui sempre più donne e bambini innocenti. Infatti, l’uso della ragione orientata verso il Bene non permette l’uso della violenza ma si adopera per trovare soluzioni costruttive con l’avversario. Il senso di umanità, della sofferenza e del dolore provocati con la guerra impediscono all’uomo equilibrato di fare conquiste depredando il nemico. Siamo stanchi della guerra, delle guerre che sempre ritornano nei millenni della Storia.

La donna e la maternità ferita

Anche la donna che abortisce volontariamente va incontro ad una guerra interiore perché in contraddizione profonda con sé stessa. Il suo corpo è fatto per generare, per far fiorire la vita dalla sua stessa carne. Dopo l’aborto, una donna può sentirsi sollevata al momento perché pensa di avere risolto un problema ma poi con il tempo capirà meglio il suo gesto e potrà valutarlo più obiettivamente.

Una donna che ha abortito in genere si rattrista, si sgomenta per l’enormità di quello che le è accaduto: la morte dentro di sé. L’utero, quella parte meravigliosa del suo corpo, vera culla per la vita del figlio, è diventata luogo di omicidio nascosto agli occhi del mondo, ma non dei suoi occhi di madre. Il senso di vuoto e il lutto per la perdita del figlio dilaga nel cuore.

Mentre una madre che invece accoglie la sua creatura non si pente mai di averle dato la vita, come ci raccontano da 40 anni tutte le donne che incontriamo nei nostri centri di aiuto e nelle nostre chat.

Se anche tu condividi la difesa della vita e vuoi cambiare il mondo e la cultura nichilista, unisciti a noi prolife, ti aspettiamo!

Susanna Primavera