Non si tratta di una recensione poiché penso che questo film non ne abbia bisogno. La storia e le immagini parlano da sé. Questa pellicola, famosa opera di Mel Gibson, riesce a farci immergere negli avvenimenti della Settimana Autentica.
Le espressioni dei volti
Il film regala dei fermo immagine molto pregnanti: gli sguardi, ancor più delle parole, parlano allo spettatore. Questo aspetto è confermato dalla scelta del regista di girare il film in lingua originale, cioè in latino e in aramaico. Ciò che chi guarda vede è più importante di ciò che ascolta (anche se legge i sottotitoli). Il focus sulle espressioni dei volti aiuta lo spettatore ad identificarsi con i personaggi della Passione di Cristo. Ci si può chiedere: “Io chi sono?”.
Lo sguardo di Maria, ci inonda, sfondando la quarta parete, cioè rivolgendosi direttamente allo spettatore. La Madonna esprime la disperazione dopo la deposizione di Gesù, ma esprime anche un interrogativo a tutti noi, un’esortazione, come a invitarci a meditare il peso dei nostri peccati che Gesù si è addossato totalmente.
Il Venerdì Santo
Nel film vengono mostrati tutti gli avvenimenti del Venerdì Santo: dalla flagellazione alla morte in croce. Sicuramente questo è un film cruento, che non risparmia lo spettatore nel mostrare le ferite, il sangue, il dolore. Viene mostrato Gesù nella sua umanità e il sangue è quello che Lui dona, che sacrifica per noi. Le scene violente, come quando i chiodi gli vengono piantati nelle mani, possono far distogliere lo sguardo dello spettatore, ma dobbiamo ricordarci che è esattamente ciò che è avvenuto, è ciò che Dio ha sofferto per noi. Come viene scritto in Isaia (53, 3) Gesù è: “Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia […]”. Dunque, bisogna lasciarsi travolgere dallo sguardo di Cristo in croce poiché, fatto uomo e colmata la distanza tra Dio e l’uomo, Gesù esprime tutto il suo amore. Dio, in quello sguardo, non ha bisogno di aggiungere nulla.
Il tema della vita
Gesù, che patisce il Calvario, è stato il primo innocente a soffrire e morire. Anche i bambini abortiti, a Sua immagine, sono innocenti uccisi. Quando si abortisce una parte di sé muore e per ritornare alla vita bisogna farsi purificare dal sangue versato da Gesù sul Calvario. La mamma che abortisce deve ricongiungersi col figlio, oltre che effettuare una vera e propria elaborazione del lutto, deve chiedergli perdono, ritrovare con lui un dialogo pacificatore. Questo dialogo può avvenire soltanto ai piedi della Croce, riconoscendosi bisognosi del Suo sangue e del Suo sacrificio come via prima per risorgere dalla morte alla vita.
Virginia Banfi
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