La narrazione che Walter Heyer fa della sua vita ha dell’ incredibile per le scelte di genere trasgressive fatte negli anni ’60 e per la capacità di ripensare in modo critico tutta un’esistenza. Grazie all’aiuto della psicologia e della religione è riuscito infine a trovare un equilibrio personale e sociale e perfino la felicità nella “tradizione”.

Si era sposato a 20 anni, sperando di risolvere una profonda inquietudine nella percezione di sé e degli altri. Si trattava di un disagio profondo, un male di vivere la propria identità nella contraddizione più profonda. Purtroppo, né il matrimonio né la paternità avevano potuto dargli la serenità interiore tanto desiderata.

La difficoltà di accettazione della propria mascolinità era tale da farlo decidere per un intervento di cambio di sesso e diventare una donna e un nuovo nome “Lara Jensen”.

Ma aver cercato di identificarsi nell’aspetto di una donna non era stato sufficiente per modificare in parallelo il suo più profondo sé, anzi, aveva peggiorato la situazione e lo aveva fatto entrare in una terribile crisi esistenziale.

Walter Heyer nell’era del gender

A distanza di anni, Walter scoprirà finalmente l’origine dei suoi problemi di identità: egli soffriva di un disturbo psicologico: la dissociazione, senza saperlo.

E’ infatti grazie ad un esperto in psicologia e/o in psichiatria che tutti noi, ripercorrendo la storia della propria vita, possiamo conoscere meglio la nostra personalità e capire il perché di tante nostre scelte fatte.

L’educazione ricevuta, l’ambiente frequentato, le influenze subite, le esperienze personali, tutto questo e altro ancora (come le influenze del passato della nostra famiglia), sono le tante ragioni, le cause, che accompagnano i nostri desideri, i sogni, i timori, le paure e le scelte.

L’importanza delle figure di attaccamento

Nel caso di Walter Heyer, la figura della nonna è molto importante perché lo veste da bambina. A partire dai due anni un bambino guardandosi allo specchio riconosce se stesso per la prima volta. Riconoscere il proprio sé in un’immagine femminile deve essere stata quindi un’esperienza ricorrente della sua prima infanzia.

D’altronde le foto in bianco e nero dei nostri nonni, mostrano facilmente bambini con cuffiette, pizzi e nastri svolazzanti in cui è difficile riconoscere se il piccolo è un maschio o una femmina; dominava infatti il romanticismo anche nella moda, inoltre i bambini avevano così poca importanza da piccoli e c’è voluto tanto tempo per capire che l’ambiente influenza la crescita e il senso di identità fin da piccolissimo.

C’è voluta una Montessori (voce autorevole e controcorrente ai suoi tempi) per trasformare in una vera e propria rivoluzione culturale, la pedagogia dell’infanzia!

Il padre di Walter aveva voluto contrastare la morbida educazione della nonna secondo una filosofia del tutto opposta, fatta di severità e di intransigenza: dolcezza e debolezza nel femminile e, dalla parte opposta, durezza e forza nel maschile.

La sfortuna segna la sua crescita, quando all’età di soli 10 anni, subisce le molestie sessuali di un parente. Psicologicamente, il maschile è troppo pesante per Walter che pensa di trovare rifugio e maggior rispetto nei panni di una donna…

Adolescenza come fase critica dello sviluppo

La fase dell’adolescenza rappresenta un momento di crisi evolutiva e le prime esperienze sessuali rappresentano un momento topico, come un “imprinting” per la sessualità di ognuno.

Quando l’esito non è positivo, per tante ragioni: precocità, aggressività ecc. si rischia di rimanere intrappolati in una profonda insicurezza che si traduce in inesauribili bisogni di conferme circa la propria “adeguatezza” personale ed erotica.

Altre volte poi il bisogno di fuga è cosi grande che ci si rifugia, difendendosi da delusioni e sofferenze,  in un ritiro sociale radicale.

Se invece le esperienze fatte sono positive, si entra nella maturità con reciprocità, capacità di relazione idonee, aperte, attente e in vero ascolto dell’altro.  Si è pronti per la condivisione di una progettualità di vita, per assolvere il compito evolutivo della generatività.

Dice Walter: “All’età di 15 anni mi sentivo intrappolato. Volevo fuggire dal mio corpo. Lo reputavo la causa del mio malessere”.

Dalle esperienze sessuali fatte nell’adolescenza, egli esce ancor più confuso circa la sua identità sessuale. Percepiva il proprio corpo come la principale causa del suo malessere psicologico; pertanto fuggire dal disagio, voleva dire cambiare il corpo stesso e trasformarlo.

Il suo bisogno però era radicale; non si trattava semplicemente di sperimentare una nuova dieta o di trovare un nuovo “stile” di presentazione, fatto di trucco e di outfit alla moda, ma egli voleva cambiare “radicalmente” sesso.

D’altronde, quelli erano gli anni in cui la scienza iniziava a presentare come reale la possibilità di un tale cambiamento di genere.

I valori moderni della sessualità

E’ un dato di fatto che oggi non ci siano più norme da seguire nel campo della sessualità. Il freno di un tempo posto dalla religione e dalla morale non c’è più. Inoltre i media e la rete offrono possibilità di fruizione illimitata di contenuti sessuali e di “pornografia”, la vera, effettiva, educatrice sessuale dei nostri giovani, fornendo loro profusamente esempi di come deve essere agita la sessualità, senza lasciare più spazio ad un immaginario erotico, alla fantasia e imprigionando di fatto l’uomo in uno schema autoerotico.

I valori del consumismo presentano la seduzione e l’eros come l’unica, vera Bellezza di un individuo, il valore più importante da ricercare e di cui “godere” velocemente.

Una bellezza fatta di gioventù, di perfezione e di totale disponibilità alla trasgressione. I messaggi che giungono infatti dalla pubblicità sono intrisi di provocazione e rimandano in particolare donne ipersicure di sé e abili nella fascinazione, alla ricerca di una preda… un’immagine di donna molto lontana dalla realtà e che purtroppo aumenta il senso di fragilità delle ragazze,  l’arrendevolezza verso i desideri maschili. Contemporaneamente aumenta l’aggressività maschile nei confronti della donna-oggetto.  Il sesso è considerato una merce come tutto il resto, lo si usa, se ne gode e poi si cerca un altro partner, considerando scarto quello precedente.

Il disturbo dissociativo nella personalità

I piani di sviluppo della personalità sono diversi e tutti molto importanti e da riuscire ad integrare in modo armonioso: la mente con le sue funzioni di memoria e apprendimento, di attenzione e percezione, di immaginazione e desiderio, il senso di identità, la percezione e la coscienza.

Fenomeni di dissociazione possono capitare a tutti in una forma blanda e passeggera; se sto preparando un esame e sono molto assorta e presa dalla memorizzazione nell’apprendimento, mi potrà capitare di non accorgermi di quanto succede in casa, nella vita di famiglia in un determinato momento: un ospite inatteso, lo spostamento di un mobile e così via. Distrazioni passeggere e involontarie giustificate dall’elevato livello di concentrazione nello sforzo mentale dello studio.

Il disturbo dissociativo invece è molto più grave perché gli individui possono completamente dimenticare parti della loro vita fino a non ricordare più nemmeno chi sono.

Manca in questo caso l’integrazione tra i vari piani della coscienza, la mente, il corpo, le emozioni con la continuità della storia della propria vita.

Può allora subentrare un distacco da se stessi (depersonalizzazione) e dall’ambiente ( derealizzazione) con una frammentazione dell’identità.

Come nel caso di Walter Heyer, alle spalle, in genere, vi è stato un fortissimo trauma; stress acuto, stress post traumatico, forte conflitto nella percezione di sé è una ulteriore forma di dissociazione che potrà riguardare anche la memoria dei relativi eventi traumatici (memoria dissociativa).

(fine della prima parte)

Susanna Primavera