Venerdì Santo, ore 21, un piccola folla in processione è appena passata sotto le mie finestre portando un attimo di raccoglimento e di preghiera; e mentre ascolto il loro canto mi sembra proprio di vederlo quel dolore nello sguardo di Maria davanti a Gesù che muore. Penso allora al dolore immenso che può provare in questo momento un’altra donna, colei che in questi giorni vicino a Frosinone ha ucciso strangolandolo il proprio figlio Gabriel di due anni e mezzo perché esasperata dal pianto irrefrenabile della sua creatura. Dietro la vicenda, una famiglia separata, la depressione, difficoltà economiche con i nervi che non reggono più e l’incapacità di gestire lo stress nel quotidiano.
Mi chiedo come può questa donna ora sola, in carcere, sopportare il pensiero di ciò che ha fatto? Quale pesante macigno avrà nel cuore! Quanto sgomento e quanto grande quel suo dolore…
Eppure chi ha frequentato i bambini sa che per quanto grandi i capricci possano essere, le crisi di pianto cessano ad un certo punto; c’è sempre una ragione al pianto di un bambino: ha bisogno di qualcosa, di qualcuno, esprime un bisogno o un disagio, una paura, un dolore. Ma il sistema nervoso dell’adulto a volte è alterato, diventa quasi cieco e non riflette ma agisce d’impulso, a scatti. E allora volano sberle più veloci della luce, brutte parole, raptus. Poi, a mente serena, ci si pente di aver agito con rabbia, con violenza. Ma penso che uccidere la propria creatura sia la cosa più terribile che ci possa essere.
Terribile come l’aborto che uccide senza averti dato il tempo di guardare negli occhi il bimbo che portavi in grembo. Uccidere è senza ritorno. Il giorno dopo ti svegli ma tuo figlio non c’è più, non lo puoi più guardare con tenerezza chiedendogli perdono per non averlo rispettato, non c’è più il suo pianto ma nemmeno il suo sorriso, né la sua manina fragile che ti cercava disperatamente nell’abbraccio. E tu che hai ucciso, chi sei ora?
Venerdì Santo, tutto il dolore del mondo e una preghiera: “O Padre che nella morte del tuo Figlio hai dato ad ogni uomo la possibilità di camminare verso la santità di vita, donaci di saper infondere speranza e fiducia a chi sperimenta la sofferenza e si trova dinanzi al mistero della morte. Ti affidiamo ogni madre che soffre per la perdita di un figlio”.
Susanna Primavera